Registi rivelazione al Festival di Berlino 2018 con La Terra dell’Abbastanza, i giovani fratelli D’Innocenzo tornano alla Berlinale 2020, questa volta in concorso, con il loro secondo film, Favolacce. Ma hanno già mille progetti in mente, hanno appena pubblicato con Contrasto un libro di fotografie, Farmacia notturna, hanno in cantiere una serie tv che “si interroga su come sopravvivere alla solitudine declinata su un contesto horror” e stanno scrivendo su quaderni “che è il momento più bello e ingenuo”. Tutto questo li aiuta a partire più sereni per la Germania,, come raccontano all’ANSA.
“Questa promozione alla Champions League di Berlino, quindi alla competizione, non la sto vivendo in maniera tragica, facendomi le classiche paranoie incontrerò i miei idoli, i registi che ho sempre amato. E ce ne sono molti in questa selezione da Kelly Reichardt a Sally Potter allo stesso Giorgio Diritti che ci ha chiamato, ci ha fatto gli auguri, è stato un gentleman. Siamo giustamente contenti però stiamo scrivendo. Siamo già proiettati sulle prossime cose e questo ci mette in una situazione leggermente e giustamente distaccata”, dicono Fabio e Damiano prima della presentazione di Farmacia Notturna , pubblicato con il contributo di Gucci, in un evento al Caffè di Palazzo delle Esposizioni.
Gemelli, nati a Tor Bella Monaca nel 1988, da una famiglia semplice, cresciuti tra Anzio,e Nettuno, autodidatti, con una grande passione per il disegno, la fotografia, il cinema e la poesia. Una grande creatività che hanno sempre vissuto insieme.
“Abbiamo sempre diviso tutto. Tra fratelli è abbastanza ovvio che accada, tra gemelli è palese. L’unica cosa che non riusciamo a sistemare è con le ragazze. Con loro la divisione non ci sta, anzi diventa l’unica lotta concreta, reale”, scherzano. “Sulla fotografia, sul disegno cerchiamo di fare le cose assieme e spesso abbiamo uno sguardo speculare che è sempre quello, estremamente vulnerabile, che non ha paura di essere tenero, livido, di rendere palesi le proprie paure, sofferenze e inclinazioni sentimentali. Tutte cose che le persone oggi tendono a nascondere come se fosse uno sbaglio provare sensazioni. Siamo così, felicemente dolenti”, raccontano i due fratelli che non amano ripetersi artisticamente. “Il primo film aveva a che fare con due ragazzi, questo film ha a che fare con le famiglie, ma dal punto di vista dei bambini e il terzo film avrà a che fare con gli adulti e sarà un thriller”, annunciano.
“La Terra dell’Abbastanza’ era un film nel quale la periferia aveva un grande peso narrativo in quanto indirizzava i destini e le scelte dei protagonisti. In Favolacce andiamo in un territorio di provincia in cui tutto quello che accade è frutto della componente mentale, antropologica dei personaggi. E’ un modo per entrare nell’ottica della provincia in quanto stato d’animo piuttosto che luogo geografico, alla Raymond Carver”, spiegano.
E lo stesso accade nelle foto di Farmacia notturna, scattate con un Motorola e poi con una Ricoh, “una macchina giapponese, compatta, tascabile, che non mette in soggezione le persone e spesso noi fotografiamo gli sconosciuti”, dicono. Dove a dominare sono i contrasti e le immagini scure, i volti delle persone tra Roma, Nepi, Parigi, New York, Los Angeles, Malta e Durazzo.
“La foto è un atto di intimità. C’è un grande coinvolgimento emotivo, spesso inconsapevole. Farmacia notturna è un anti libro canonico, fotografico. Un libro che ci mette a nudo. Ed è coerente con quello che facciamo nel cinema e nella poesia. Più che capire cosa mettere dentro un quadro ci interessa che cosa lasciare fuori. L’idea di inquadrare. Noi viviamo in un epoca in cui tutto è massimale. E’ come se ci fossimo dimenticati del piccolo, del sottile, del poco. Con queste foto volevamo andare in quella direzione. Non ci sono foto posate. Ci interessa ricollegarci alle cose scritte in minuscolo della vita”, dicono i gemelli D’Innocenzo che dedicano un ritratto a New York al fotografo del cinema italiano Pietro Coccia, morto lo scorso giugno. “Per noi è stato una specie di Caronte verso questo stranissimo mondo del cinema italiano che ancora adesso facciamo fatica a decodificare. Ci siamo sentiti al telefono due giorni prima che se ne andasse”. (ANSA).