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Irma Testa, dalla sconfitta alla rinascita

ROMA – La sua è una storia di talento, abnegazione, sconfitta e rinascita che ad Hollywood già avrebbe potuto ispirare un biopic. In Italia ci hanno pensato Alessandro Cassigoli e Casey Kauffman a portare sul grande schermo, con un docufilm, Butterfly, Irma Testa, 21enne di Torre Annunziata, campionessa che tre anni fa è stata la prima pugile italiana in gara a un’Olimpiade. Circondata dal clamore mediatico e data fra le favorite a Rio 2016, è uscita però ai quarti. Una sconfitta che porta Irma a mettere tutto in discussione e a trovare nuove motivazioni, come racconta il film, che dopo il debutto alla Festa del Cinema di Roma, in Alice nella città, arriva in sala con Luce Cinecittà il 4 aprile.

Un nuovo inizio di cui si vedono ampiamente i frutti. Irma ha appena vinto la medaglia d’oro all’Europeo under 22 ed è in piena preparazione per Tokyo 2020, anche se lei per scaramanzia, non pronuncia la parola ‘Olimpiadi’ e preferisce dire: “E’ il mio obiettivo più grande”. Cosa è cambiato nel prepararlo? “Tantissimo – spiega – ho capito quali sono gli errori da non ripetere e quali sono le cose buone da fare che non avevo fatto”. Quella sconfitta a Rio “è stata di grandissima importanza per me, è stata il mio tesoro. Dalle vittorie si prende poco. Dalle sconfitte invece impari a cambiare il tuo percorso, ti rendono più forte”. Anche se ogni volta, davanti alle immagini di quel match, nel film “mi è venuto quasi un attacco di panico, nel vedere i colpi che ho preso, il braccio della mia avversaria alzarsi, la mia delusione. Ma è stato terapeutico, mi ha fatto capire quanto sia importante rialzarsi e come riuscirci”.

Il film segue Irma dalla vigilia delle Olimpiadi all’avventura a Rio e si concentra sul ritorno a Torre Annunziata (“è un luogo dove bisogna combattere la rassegnazione”), a casa, tra famiglia e amici, e a contatto con il suo grande maestro di boxe, Lucio Zurlo, figura paterna per lei: “Tra noi c’è un rapporto di totale amore. Non mi alleno più da lui da qualche annetto, ma in ogni momento difficile lui è la prima persona che chiamo ed è la prima che corre da me”. Ripercorrere “le tappe del mio percorso mi ha fatto comprendere più a fondo le sensazioni, anche quelle più negative, vissute in prima persona. Il film mi ha aiutato anche a sentirmi bene con la mia parte fragile”. C’è un messaggio in Butterfly? “Non mollare neanche se hai tutti e tutto contro. Alla fine io mi sono ritrovata da sola con la necessità di dovermi rialzare e ci sono riuscita”. Già seguire “una persona normale in una caduta e in una rinascita non è facile – spiegano Kauffman e Cassigoli -. Con un’atleta, è ancora più difficile. Per loro l’obiettivo è sempre la vittoria. Irma però ci ha aiutato molto, accettando di mostrarsi anche in un momento di crisi. Forse il film le è stato utile anche come strumento per rinascere”.

Butterfly sta girando per i festival internazionali: “La prima nordamericana sarà in una rassegna importante come Toronto Hot Docs”. Atleta delle Fiamme Oro, Irma è grata alla polizia: “Mi ha permesso di non smettere l’attività e mi ha dato un lavoro. Quando finisco di fare l’atleta il mio primo pensiero è fare bene la poliziotta”. Oggi le donne spesso finiscono in cronaca nera come vittime di violenze e femminicidi: “Sono storie a cui reagisco molto male. Le donne penso siano la più bella espressione di arte, bellezza, coraggio, purezza, forza. Davanti a mariti e compagni così l’unico consiglio che posso dare è ribellarsi, ma capisco che non sia facile, l’amore ti acceca e a volte può renderti debole. Penso però che ogni donna dentro abbia una forza interiore, va solo scoperta”.

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