‘Se la strada potesse parlare’ di Barry Jenkins, regista premio Oscar con ‘Moonlight’, racconta, allo stesso tempo, una bella storia d’amore, una grande famiglia nera e quel razzismo verso gli uomini di colore mai davvero sepolto negli States. Il film, già in concorso alla Festa di Roma e ora in sala dal 24 gennaio con Lucky Red, non è altro che l’adattamento del romanzo omonimo (pubblicato in Italia da Rizzoli) di James Baldwin, scrittore afroamericano da sempre punto di riferimento dei movimenti per i diritti dei neri.
Siamo negli anni Settanta nel quartiere di Harlem, Manhattan. Di scena la storia di Tish (una straordinaria KiKi Layne, vincitrice del Golden Globe per la miglior attrice non protagonista), ragazza di Harlem che scopre di essere incinta del fidanzato Fonny (Stephan James), proprio quando questi finisce in prigione per un crimine (una violenza sessuale) che non ha commesso. Ma la ragazza, dolce e forte allo stesso tempo, ha dalla sua una famiglia che non la lascerà sola in questa tragedia e potrà così contare su ognuno dei suoi membri, sorelle e padre, e soprattutto sulla combattiva ed empatica madre Sharon (Regina King). Con l’aiuto della famiglia, Tish cercherà di dimostrare l’innocenza di Fonny anche se, come si dice nel film, “in America per quanto riguarda la giustizia verso i neri le carte sono truccate”. Tra le belle sequenze del film, già presentato in prima mondiale al Toronto Film Festival, la ‘prima volta’ di Tish e Fonny, davvero stupenda e piena di poesia. “Sì è vero, anche nel libro di Baldwin c’è l’idea che l’amore ti può salvare – ha spiegato a Roma Jenkins -. Il fatto è che i neri hanno vissuto da secoli esperienze e vite terribili, ma per fortuna dentro di loro ci sono ancora la gioia e la bellezza che danno la forza di sopravvivere. E poi va detto che nei suoi romanzi Baldwin cavalca due vie: una molto romantica e sensuale e l’altra molto critica sul rapporto tra bianchi e neri”.
E ancora sull’amore e la solidarietà della famiglia di Tish che accetta con autentica gioia il fatto che lei sia incinta di un uomo in prigione: “L’amore e l’accoglienza verso questo bambino che deve nascere dipendono anche dal fatto che in quanto nero sarà in pericolo, dovrà combattere, c’è insomma anche un istinto protettivo verso di lui da parte di tutta la famiglia. Una cosa tipica delle famiglie dei neri d’America”. Sull’emergente neo-razzismo mondiale ha detto infine il regista: “Anche da voi in Europa i tanti confini stanno diventando molto più duri. Da noi essere neri o latini non è certo facile con il presidente che abbiamo”.