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Nomad, Herzog sulle tracce di Chatwin

(ANSA) – ROMA, 17 OTT – Non poteva che essere l’amico fraterno Werner Herzog, a raccontare a 30 anni di distanza dalla scomparsa, il grande scrittore e narratore Bruce Chatwin, morto nel 1989 a soli 48 anni di Aids. Il regista tedesco lo fa nel documentario Nomad: In The Footsteps Of Bruce Chatwin, in selezione ufficiale alla Festa del Cinema di Roma, e poi distribuito da Feltrinelli Real Cinema e Wanted Cinema. Herzog segue fisicamente le tracce di alcuni dei viaggi dell’autore di In Patagonia, unendo alle suggestioni e le verità ‘arricchite’ dei libri di Chatwin, una narrazione personale e intima, fatta di ricordi e momenti condivisi. Un legame di profonda unione, il loro, costruito sulla comune passione, per il racconto, tra verità e visione (“Chatwin non scriveva mezze verità, ma una verità e mezzo, le arricchiva”, spiega il suo biografo Nicholas Shakespeare) e il valore simbolico che entrambi danno al cammino, al viaggio, al popolo in marcia, all’essere nomadi. Un elemento fondante, per i due autori, dell’essere umano, la cui perdita è il segno, del destino segnato, secondo entrambi per l’uomo sulla Terra. Il percorso di Herzog, sempre accompagnato dallo zaino di pelle di Chatwin, che lo scrittore gli regalò poco prima della scomparsa (Chatwin gli chiese anche aiuto per morire prima, ma il regista non se la sentì), parte proprio dalla Patagonia, dove l’autore britannico arrivo a metà anni ’70. Era la realizzazione di un desiderio che aveva fin da bambino, nato da un ‘reperto’ archeologico tramandato in famiglia, un pezzo di pelle di quello che pensava fosse di un brontosauro, mentre era un milodonte, una sorta di bradipo gigante scoperto da Charley Milward, cugino di nonna Isobel. Da quel viaggio, durato sei mesi, nasce ‘In Patagonia’ (1977) che diventa un caso letterario, e porta l’inquieto, affascinante, seduttore, ‘nomade’ Chatwin dall’altra parte del mondo, in Australia, tra gli aborigeni, dove incontra nel 1983 Werner Herzog. Il regista porta l’influenza dello scrittore anche nel suo cinema: nel 1987 firma Cobra verde, adattamento del libro di Chatwin, Il viceré di Ouidah, e ultimo film della collaborazione tra Herzog e Klaus Kinski, “già fuori controllo” ricorda il cineasta. Lo scrittore, già malato, accetta di andare sul set e nel suo ultimo libro, raccolta di note, diari, e pensieri, Che ci faccio qui? (1988) rende anche un ritratto dell’amico cineasta, che descrive come una collezione di contraddizioni, “affettuoso e distaccato” e “un monumento di sanità mentale in un cast di esauriti”. E in Grido di pietra (1991), Herzog rende un omaggio allo scrittore, il cui zaino, ha un ruolo importante, in un momento critico delle riprese del film. Con Chatwin “avevamo spiriti affini, lui come scrittore, io come regista – spiega Herzog nelle note di produzione -. Volevo realizzare un film che non fosse una semplice biografia tradizionale ma che desse conto di una serie di incontri ispirati dai viaggi e dalle idee di Bruce. Personaggi stravaganti e selvaggi, bizzarri sognatori e grandi idee sulla natura dell’esistenza umana erano i temi da cui Chatwin era ossessionato e di questi ho cercato di raccontare.”
   

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