“Mi metteva soggezione questa casa, rifletteva l’esatto contrario di come lui appariva in pubblico sorridente, magnetico, qui dentro rivelava la la sua vera natura rigorosa, introversa, quasi austera” dice Carlo Verdone dentro la villa di Alberto Sordi a Roma. Entrare qui dentro mette in effetti soggezione, è varcare un luogo sacro del cinema, pieno zeppo di ricordi dagli stivali del Vigile alla bombetta di Fumo di Londra, decine di foto, di premi, sparsi tra i tavolini e la libreria dell’enorme salone a elle con i divani di velluto senape, proprio simili a quelli di tante case borghesi dei decenni scorsi. Il luogo magico dove Alberto Sordi è vissuto dal 1958 alla sua morte a 82 anni il 25 febbraio 2003 sta per aprire finalmente al pubblico. Intanto è qui, in questa proprietà che domina l’incrocio tra via Appia Antica, la Cristoforo Colombo, via delle terme di Caracalla, via Druso che è ambientato ‘Siamo tutti Alberto Sordi?’ il film documentario di Fabrizio Corallo che come un’enciclopedia visuale racconta il grande artista a 100 anni dalla nascita. Le tapparelle sempre giù a tre quarti mentre fuori c’è lo spettacolo di Roma antica, di Caracalla.
“Presi coraggio – racconta Verdone che con Sordi ha avuto un rapporto di affetto, amicizia filiale – e una volta gli chiesi perchè. Lui mi rispose “non le tiro su perchè la luce mi rovina i quadri”. Questo Sordi malinconico, quello che dal 1972 alla morte dell’amata sorella Savina prese il posto del Sordi istrionico, brillante del dopoguerra e gli anni ’60 è raccontato per par condicio quasi fosse la sua parabola di vita coincidente con quella dell’Italia dal boom e dalla rinascita al progressivo buio sociale.
Tra le tante interviste realizzate in quelle stanze e tra i tanti materiali di repertorio sempre fantastici da rivedere anche se – dallo sfottò ‘lavoratori’ dei Vitelloni di Fellini al ‘io so’ io e voi nun sete un cazzo’ del Marchese del Grillo, passando per ‘maccherone m’hai provocato io te distruggo io me te magno’ di Un americano a Roma – tutta l’Italia in coro saprebbe replicarle, alcune sono chicche inedite. Come i materiali che De Laurentiis ha dato a Corallo per il film e che appartengono agli anni dell’accordo che Dino firmò con Sordi per alcuni film memorabili, molti dei quali con Silvana Mangano di cui Alberto era innamorato. “Stava sempre qui in casa nostra – racconta nel film la figlia Veronica De Laurentiis – io ero contento la faceva ridere, era vitale, a me piaceva”. Tra loro c’era una sintonia speciale, lui la venerava. O come l’immagine che stringe il cuore di Sordi anziano e già malato che agli ospiti dell’Ambra Jovinelli che lo aspettavano per una serata il 17 dicembre 2002 in suo onore, voluta da Adriano Pintaldi, l’artista in vestaglia e in poltrona mandò un video messaggio struggente “scusate se non posso venire, le mie condizioni non me lo permettono, non ha senso venire lì e non poter fare il saltino che tutti si aspettano. Volevo scusarmi non è colpa mia.
Addio” e fu davvero tale due mesi dopo. Tutta Roma e non solo gli rese omaggio, “la camera ardente non chiuse mai, neppure di notte”, ricorda Walter Veltroni, presidente onorario della Fondazione Alberto Sordi, che in quegli anni era il sindaco della città. “Siamo tutti Alberto Sordi?”, prodotto da Dean Film e Surf Film con il Luce e Sky Arte e La7 andrà in onda domenica 12 aprile alle 21.15 su Sky Arte e mercoledì 10 giugno alle 21.30 su La7. L’anteprima riservata nel cinema privato della sua villa ha avuto un sapore speciale: in quello spazio, un vero e proprio palco con il sipario, Sordi ha passato tante serata felici con gli amici a vedere i film e a fare spettacolo, del resto gli inizi con la compagnia di rivista di Aldo Fabrizi prima e di Guido Riccioli e Nanda Primavera ;durante gli anni della guerra e subito dopo erano nel suo dna.
Nel film di Corallo c’è davvero tutto Sordi, il pubblico e il privato, le amicizie fraterne con Fellini con cui divise gli anni della fame iniziali (“andavamo sempre nella solita trattoria e ordinavamo spaghetti ma sotto la cameriera ci metteva le bistecche”), con Scola, e poi con Risi, Monicelli, De Sica “complice perfetto” come racconta Christian, il sodalizio con l’alter ego sceneggiatore Rodolfo Sonego e con il musicista Piero Piccioni, la stima per Monica Vitti. Lo raccontano tra gli altri i critici Goffredo Fofi, Valerio Caprara e Masolino D’Amico, Giovanna Ralli, Anna Foglietta, Claudio Amendola, Renzo Arbore, Marco Risi, Enrico Vanzina, la giornalista Gloria Satta.
187 film in 60 anni: dentro c’è il nostro mondo, risate e tristezza. Da marzo finalmente la certezza: la villa apre al pubblico, diventa museo, un regalo per i 100 anni dalla nascita di Albertone .