Se ne va uno dei grandi maestri del cinema italiano, ultimo anello di una lunga catena artistica che passa per Pasolini e nasce da Pellizza da Volpedo. Regista sofisticato ma anche popolare, censurato in Italia, pluripremiato a Hollywood
Il cinema italiano e mondiale perde oggi uno dei suoi massimi protagonisti, Bernardo Bertolucci, il poeta che si fece regista e che segnò il ’68 e poi fu protagonista della stagione successiva del cinema italiano. Nato a Parma il 16 marzo 1941, figlio del grande poeta Attilio Bertolucci, amico di Pier Paolo Pasolini, Moravia, Elsa Morante, Enzo Siciliano, Dacia Maraini, a vent’anni vinse il Premio Viareggio per la poesia con Il cerca del mistero, ma la sua passione era il cinema.
Dopo un inizio da documentarista (nel 1956 e 1957 gira La teleferica e La morte del maiale), fu assistente di Pasolini sul set di Accattone e proprio il poeta friulano, grande amico di famiglia e suo vicino di casa, scrisse il primo lungometraggio di Bertolucci regista, La commare secca (1962), prodotto da Tonino Cervi.
Nel 1964 il secondo film, Prima della rivoluzione, esprime una sua cifra caratteristica, uno stile poetico e altamente raffinato, sofisticato e popolare. I suoi personaggi hanno tutti un’ambiguità esistenziale e politica, la sua è grande letteratura filmata. E quel film del 1964, ispirato a La Certosa di Parma, diventa il suo manifesto cinematografico. Nel 1968 Bertolucci gira Partner, un film tipicamente sessantottino, poi, nel 1970, Strategia del ragno e Il conformista con Jean-Louis Trintignant, opere presentate in diversi festival ma dallo scarso successo di pubblico.
Per la consacrazione, che giunge insieme alla clamorosa censura che porterà a bruciare le copie del suo film, deve aspettare il 1972: è l’anno di Ultimo tango a Parigi, film con Marlon Brando e Maria Schneider, Jean-Pierre Léaud e Massimo Girotti, dove eleva il sesso e la trasgressione a soluzione del male di vivere, unica risposta possibile anche se non definitiva, al conformismo del mondo circostante. Il film ottenne un grande successo di pubblico, piazzandosi secondo nella classifica degli incassi 1972-1973, ma in Italia subì la mannaia della censura e venne sequestrato e ritirato dopo una sentenza della Cassazione il 29 gennaio 1976, con Bertolucci condannato per offesa al comune senso del pudore, colpa per la quale venne privato dei diritti civili per cinque anni, fra cui il diritto di voto. Dopo svariati processi d’appello, la pellicola venne dissequestrata solo nel 1987.