FEDERICO SCOPPA / AFP
La Sea Watch 3
Sullo sbarco dei 47 migranti a bordo della Sea Watch, la nave umanitaria della ong tedesca, battente bandiera olandese, che il 31 gennaio scorso fu autorizzata ad attraccare a Catania, dopo essere stata in balia delle onde per dodici giorni in attesa di un porto sicuro, di cui sei in rada a Siracusa, è ravvisabile il reato di sequestro di persona. Ne è convinta la procura di Roma la cui inchiesta, aperta contro ignoti, è stata trasmessa ai colleghi di Siracusa per competenza territoriale.
Il pm Sergio Colaiocco aveva aperto un procedimento il primo febbraio scorso a seguito di un esposto in cui si chiedeva di indagare per omissione in atti d’ufficio. La procura della capitale, che aveva affidato alla Guardia Costiera i primi accertamenti, ha ritenuto che nei confronti dei profughi della Sea Watch ci sia stata una limitazione della libertà personale al pari dei migranti che erano a bordo della nave Diciotti. Da qui la contestazione del sequestro di persona e la trasmissione del fascicolo alla procura di Siracusa (città dove si sarebbe consumato il reato più grave) che dovrà valutare se ci siano o no eventuali profili di competenza del tribunale dei ministri di Catania.
Salvini: “Un altro processo in arrivo contro il cattivone?”
“Da Roma un atto sul fermo della Sea Watch è stato mandato in Sicilia. È in arrivo un altro processo nei confronti del cattivone Salvini? Lo scopriremo insieme solo vivendo… Di certo io non cambio idea, in Italia si arriva solo col permesso. Possono denunciare quanto vogliono, i porti italiani sono chiusi”, ha commentato in diretta Facebook il ministro dell’Interno.
Il caso “Sea Watch” comincia il 19 gennaio quando la nave soccorre 47 naufraghi, tra cui 8 minorenni non accompagnati, nelle acque del Mediterraneo. Dopo una settimana trascorsa senza che alcun Paese rispondesse alla richiesta di un porto sicuro avanzata dal comandante, l’imbarcazione viene autorizzata – a causa delle cattive condizioni meteo – ad entrare nelle acque territoriali italiane.
Salvini chiede chiarimenti al governo olandese e ipotizza ci siano gli elementi per denunciare i membri dell’equipaggio per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, mentre si moltiplicano gli appelli di associazioni e cittadini a consentire lo sbarco, almeno degli under 18: a bordo salgono anche parlamentari (“non rispettano le leggi italiane”, tuona il ministro).
La procura di Siracusa apre un fascicolo di indagine senza reati né indagati e smentisce l’ipotesi del sequestro ma bisogna aspettare il 30 gennaio perché la nave riceva indicazione dal Viminale di dirigersi verso il porto di Catania. L’attracco avviene il 31, dopo dodici giorni in balia delle onde: i minori vengono trasferiti in strutture protette della provincia, tutti gli altri a Messina.
Il caso della Mare Jonio
È il 18 marzo invece quando la “Mare Jonio“, della Mediterranea Saving Humans, incrocia un gommone in avaria in procinto di affondare con 49 persone a bordo, 12 delle quali minori. La Guardia costiera libica arriva in un secondo momento e si allontana. In considerazione delle condizioni meteo e di quelle dei migranti – uno dei quali, affetto da polmonite, viene portato a terra – viene autorizzato un punto di fonda al largo di Lampedusa ma manca l’ok allo sbarco.
“È come un’auto che non rispetta l’alt di un posto di blocco. Il mare non era mosso nè c’era pericolo di affondamento”, sottolinea il Viminale sulla base delle risultanze emerse nel tavolo permanente sulla cosiddetta ‘direttiva Salvini’: “il presunto salvataggio di questa nave gestita dai centri sociali era organizzato da giorni”, accusa il ministro.
Quando arriva il sequestro della Guardia di finanza, la Mare Jonio viene scortata in porto e vengono sentiti i componenti dell’equipaggio. Nel registro degli indagati finiscono il comandante Pietro Marrone e il capo missione della Ong Mediterranea, l’ex leader no global Luca Casarini. Ieri la notizia del dissequestro: secondo i pm “le esigenze probatorie sono cessate”.
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