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I funerali di Samuele Lorenzi. Nella foto Stefano Lorenzi, Annamaria Franzoni e Ada Satragni
Il delitto di Cogne è fra i casi più controversi della cronaca italiana recente, ed è stato oggetto di una copertura mediatica febbrile. Tutto inizia la mattina del 30 gennaio 2002, quando il 118 riceve una chiamata da una piccola frazione di Cogne, Comune montano della Val d’Aosta. A chiamare è Annamaria Franzoni, che chiede l’intervento urgente dei sanitari per soccorrere il figlio Samuele Lorenzi, 3 anni appena, che – come riferisce la madre – vomita sangue.
Giunti sul posto i sanitari notano subito alcune ferite al capo del bambino e allertano i carabinieri. Poco prima delle 10, a circa un’ora e mezza dalla prima chiamata al 118, Samuele viene dichiarato morto. Nei giorni successivi l’autopsia chiarirà che il bambino è stato colpito alla testa con un oggetto contundente che gli ha provocato delle ferite mortali. Un mese e mezzo più tardi, Annamaria Franzoni viene indagata per omicidio.
Il primo colpo di scena di una storia complessa avviene il 30 marzo dello stesso anno, quando il Tribunale del riesame di Torino accoglie la richiesta dell’avvocato difensore della donna e ne ordina la scarcerazione: gli indizi a suo carico – secondo il giudice – sarebbero ancora insufficienti. Nel luglio 2014 si celebra comunque il processo di primo grado, al termine del quale Franzoni, che sceglie il rito abbreviato, viene condannata a 30 anni di reclusione.
Nel processo d’appello, terminato nell’aprile 2007, i giudici riconoscono la colpevolezza della donna ma anche le attenuanti generiche che riducono drasticamente la pena a 16 anni. Passa un altro anno e la Cassazione conferma la sentenza d’appello. Qualche ora dopo il pronunciamento della Suprema Corte i carabinieri si recano nell’abitazione della donna, nel piccolo centro di Ripoli Santa Cristina, sull’Appennino emiliano, e la trasferiscono nel carcere di Bologna.
Annamaria Franzoni viene scarcerata il 26 giugno 2014, dopo 6 anni di reclusione, e torna a vivere nell’Appennino bolognese con la sua famiglia, in regime di detenzione domiciliare. Ieri la notizia della piena libertà concessale dal Tribunale di sorveglianza di Bologna.
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