Avv. Alessandra Devetag – Osservatorio Permanente Legalità Costituzionale del Comitato Rodotà
Lo stato di emergenza è stato dichiarato sulla scorta della legge istitutiva della Protezione Civile, che consente interventi urgenti di aiuto alle popolazioni, di conferire appalti ed asportare macerie o dragare fiumi senza dover indire gare pubbliche, consente in sostanza interventi “logistici”, non certo, come invece è avvenuto, il conferimento al Governo, in persona del Presidente del Consiglio, del potere legislativo.
Per un anno intero “l’uomo solo al comando”, il Presidente del Consiglio, tramite atti amministrativi non giustiziabili dalla Corte Costituzionale, ha emesso provvedimenti in grado di annullare diritti e libertà fondamentali in nome dell’interesse collettivo alla salute. Ha deciso chi vive e chi muore, chi può lavorare e chi no, ha avallato lo stravolgimento delle delicate dinamiche dell’infanzia, educata alla paura e al distanziamento, strumentalizzando a proprio vantaggio concetti quali la capacità di adattamento dei bambini o la tanto decantata “resilienza” dei popoli.
Ma i diritti costituzionali vanno accuratamente bilanciati: non è consentito che uno solo prevalga sugli altri fino ad annullarli.
Un simile stravolgimento dell’assetto democratico legittima senza dubbio il singolo alla resistenza, intesa come diritto/dovere del cittadino di opporsi agli atti arbitrari del Potere, concetto che affonda le sue radici addirittura nella dichiarazione di indipendenza americana (1776) e che ritroviamo nella Grundbesetz Deutschlan, la norma Fondamentale della Repubblica Tedesca.
In seno all’assemblea costituente il dibattito sulla opportunità di dedicare un articolo della Costituzione al diritto alla resistenza fu acceso. Tra i proponenti, il giurista ex partigiano Giuseppe Dossetti. Tra i sostenitori anche Aldo Moro.
Purtroppo prevalse la linea del “no”. Tuttavia non può dirsi che non esista in Costituzione un diritto alla resistenza, che si enuclea invece nel combinato disposto dei suoi primi articoli, che disciplinano i diritti e le libertà fondamentali, e l’art. 54, che impone al cittadino la fedeltà alla Repubblica e l’obbedienza alla Costituzione e alle leggi.
Non si può essere fedeli alla Repubblica obbedendo a leggi che le sono infedeli.
La difesa della Costituzione è, prima d’ogni altra cosa, doveroso omaggio a ciò che Piero Calamandrei, in un famoso discorso che tenne proprio a Milano nel 1955, definì “un testamento di centomila morti”. E’ rendere omaggio a centinaia di migliaia di cittadini come noi, morti in trincea, sulle montagne, nelle strade delle nostre città affinché la libertà e la giustizia potessero essere scritte su questa carta.