«Morire a due anni per droga. Sembra assurdo eppure è accaduto. Questa è la tragica fine del piccolo Nicolò, nel cui sangue è stata trovata una quantità di hashish sufficiente a ucciderlo dopo giorni di agonia in ospedale, e nei capelli tracce di eroina e cocaina. Il padre, cui il bambino era affidato il giorno in cui si è sentito male, aveva detto che Nicolò aveva ingerito qualcosa trovato in un parco, e che in seguito si era sentito male. In realtà pare chiaro che i fatti non si sono svolti in questo modo. L’uomo si è sottratto al test del capello disposto dalla Procura presentandosi come la testa rasata il giorno dell’esame, e sul comodino di fianco al letto del bimbo è stato recuperato dai Carabinieri un panetto di hashish. Non sono state assunte misure restrittive della libertà nei confronti dell’uomo, inizialmente indagato per omessa vigilanza e ora per omicidio colposo, ma è evidente che qui si è di fronte a una situazione di grave incuria nei confronti di un bambino che, evidentemente, viveva in una famiglia incapace di prendersi cura di lui. Così come il caso del bambino di due anni del vicentino ricoverato in ospedale per avere ingerito hashish, e per cui è indagato il padre per lesioni colpose». Lo ha dichiarato l’avvocato Elisabetta Aldrovandi, Presidente dell’Osservatorio Nazionale Sostegno Vittime.
«L’assunzione di droga, di qualsiasi droga, è assolutamente pericolosa non solo – continua Aldrovandi – per se stessi ma anche e soprattutto per bambini costretti a vivere in contesti in cui si consuma sostanza stupefacente, poiché devono interfacciarsi con adulti alterati e con lucidità offuscata, e perché non sono in grado di rendersi conto di cosa si tratta e delle conseguenze cui vanno incontro ingerendola. Indipendentemente dalle responsabilità che saranno accertate in sede penale, una cosa è certa: Nicolò è morto per droga. E quella droga, o qualcuno gliel’ha somministrata (penso infatti alle tracce di eroina e cocaina nei capelli), o l’ha ingerita perché qualcuno l’ha lasciata in un luogo accessibile al bambino. Ricordo infatti che il piccolo aveva solo due anni, e quindi sarebbe stato impossibile per lui accedere a cassetti chiusi a chiave o ripiani alti. La negligenza adulta è, in ogni caso, di una gravità enorme», ha concluso Elisabetta Aldrovandi, Presidente dell’Osservatorio Nazionale Sostegno Vittime.