Salvini con un decreto intende impedire alle imprese di Stato di iscriversi in Confindustria. Così si capirà fino a che punto l’organismo sopravvive grazie alle (in)capacità di manager strapagati e non piuttosto alle contribuzioni statali
Le aziende pubbliche fuori da Confindustria? Le pressioni del ministro dell’Interno, Matteo Salvini, affinché il governo impedisca per decreto alle aziende partecipate o controllate dallo Stato di aderire a Confindustria, destano da tempo allarme al vertice di Viale dell’Astronomia. Imprese pubbliche quali Enel, Eni, Ferrovie, Fincantieri, Leonardo, Poste, Rai sono i più grandi contributori della Confederazione. Parecchie associazioni territoriali a cominciare da Unindustria di Roma chiuderebbero bottega senza le quote annue d’iscrizione dei colossi di Stato. Il provvedimento che Salvini ha in mente colpirebbe dunque Confindustria nel suo tallone d’Achille: le entrate. L’associazione presieduta da Vincenzo Boccia, che ha perso soci illustri come Fiat, Luxottica, Nuovo Pignone (solo per citare i più grandi), non ha più i bilanci floridi di un tempo, quando incassava i pingui dividendi del Sole 24 Ore. Molti suoi iscritti, soprattutto le piccole aziende colpite dalla recessione, non versano più le quote associative o le versano in modo molto irregolare. L’anno scorso fu la trasmissione di Rai Tre “Report” ad indagare sul fatto che anche le Usl sono iscritte in Confindustria. Ma come, verso soldi dei cittadini in associazioni che sono di privati? Senza chiederlo ai miei “soci”, cioè i contribuenti italiani? Nel Veneto si è proceduto alle fusioni per mascherare buchi di bilancio. Nel mitico Nordest nel giro di tre anni si sono infatti fuse Venezia con Rovigo e di recente Treviso con Padova. Già avevamo scritto che da indiscrezioni Venezia e Rovigo “hanno solo unito i debiti”. Visto che, sempre da indiscrezioni la Confindustria polesana aveva in conti in profondo rosso. Ma se dovesse davvero passare il decreto Salvini per cui le aziende pubbliche dovrebbero uscire da Confindustria per l’accoppiata Venezia-Rovigo sarebbe davvero una catastrofe. Visto che come associati hanno Enel, Eni, Fincantieri, Poste italiane (e forse l’Asl?) che garantiscono il 48 per cento del bilancio. Già il 40 per cento degli associati sembra non versino le quote perché hanno aziende in crisi, senza le pubbliche che fine farà il “colosso” Confindustria Venezia-Rovigo?
Foto sotto: gruppo giovani imprenditori Venezia (ggivenezia.it)