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Ceta: Moncalvo (Coldiretti), agricoltura non più merce di scambio

Coldiretti: “Per l’Italia l’opposizione è giustificata dal fatto che con il Ceta per la prima volta nella storia l’Ue legittima in un trattato internazionale la pirateria alimentare a danno dei prodotti Made in Italy più prestigiosi”

Ancora una volta il settore agroalimentare è stato merce di scambio nelle trattative internazionali senza alcuna considerazione del pesante impatto che ciò comporta sul piano economico, occupazionale e ambientale”.  E’ quanto afferma il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nell’esprimere apprezzamento per l’annuncio del vice premier e Ministro delle Sviluppo Economico Luigi di Maio sulla mancata ratifica del CETA da parte dell’Italia all’Assemblea della maggiore organizzazione agricola europea. Si tratta di difendere il patrimonio agroalimentare nazionale contro un accordo sbagliato e pericoloso per l’Italia contro il quale – precisa Moncalvo – si è sollevata una vera rivolta popolare che – continua Moncalvo – ci ha visti protagonisti su tutto il territorio nazionale dove hanno già espresso contrarietà 15 regioni, 18 province 2500 comuni e 90 Consorzi di tutela delle produzioni a denominazioni di origine. Per l’Italia l’opposizione è giustificata dal fatto che con il Ceta per la prima volta nella storia l’Ue legittima in un trattato internazionale – denuncia Moncalvo  – la pirateria alimentare a danno dei prodotti Made in Italy più prestigiosi, accordando esplicitamente il via libera alle imitazioni che sfruttano i nomi delle tipicità nazionali, dall’Asiago alla Fontina dal Gorgonzola ai Prosciutti di Parma e San Daniele, ma può anche essere liberamente prodotto e commercializzato dal Canada falso Parmigiano Reggiano con la traduzione di Parmesan. Non è un caso che in netta controtendenza all’aumento fatto registrare sui mercati mondiali, le esportazioni di Parmigiano Reggiano e di Grana Padano in Canada – riferisce Moncalvo – sono diminuite in valore dell’10% nel primo trimestre del 2018, quello successivo all’entrata in vigore in forma provvisoria il 21 settembre 2017 dell’accordo di libero scambio con l’Unione Europea (Ceta) che avrebbe dovuto frenare le imitazioni e migliorare l’accesso al mercato. La svendita dei marchi storici del Made in Italy agroalimentare non è solo un danno sul mercato canadese ma – continua Moncalvo – si è dimostrata essere soprattutto un pericoloso precedente nei negoziati con altri Paesi, dal Giappone al Messico, dall’Australia alla Nuova Zelanda fino ai Paesi del Sudamerica (Mercorsur) che sono stati così autorizzati a chiedere lo stesso tipo di concessioni. Secondo la Coldiretti su un totale di 294 denominazioni italiane riconosciute, ben 250 non godono di alcuna tutela nel trattato e la situazione non è molto diversa per gli altri accordi conclusi o in itinere. Il risultato è il falso made in Itala agroalimentare ha raggiunto il valore di oltre 100 miliardi di euro – conclude Moncalvo – continuando a circolare liberamente nel mondo utilizzando impropriamente parole, colori, località, immagini, denominazioni e ricette che si richiamano all’Italia per alimenti taroccati che non hanno nulla a che fare con il sistema produttivo nazionale. Il Ceta – precisa la Coldiretti – prevede l’azzeramento strutturale dei dazi per l’importazione dal Canada del grano dove peraltro viene fatto un uso intensivo di glifosato nella fase di pre-raccolta, vietato in Italia. E pesa anche – continua la Coldiretti – l’impatto di circa 50.000 tonnellate di carne di manzo e 75.000 tonnellate di carni suine a dazio zero da un Paese dove si utilizzano ormoni della crescita vietati in Italia. L’accordo – conclude la Coldiretti – è entrato in vigore in tutta l’Unione Europea ma è fortemente osteggiato tanto che al momento si sono espressi a favore solo 11 Paesi su 28 ossia Danimarca, Lettonia, Estonia, Lituania, Malta, Spagna, Portogallo, Croazia, Repubblica Ceca, Austria e Finlandia.

 

 

 

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