“Stamattina si sta votando il ‘Codice
Rosso’, che passera’ al Senato senza modifica e senza
possibilita’ di intervenire. Sono intervenuta in Commissione
Giustizia presentando a firma mia e del gruppo Pd degli
emendamenti. Nulla da fare, sono stati respinti senza entrare
nel merito, c’e’ stato un atteggiamento di assoluta chiusura”.
Cosi’ la senatrice Valeria Valente, presidente della Commissione
parlamentare di inchiesta sul femminicidio, intervenendo al
convegno ‘Violenza contro le donne e affido dei minori. Quando la
giustizia nega la violenza’ in corso nella sede nazionale
dell’Agenzia Dire a Roma, organizzato da D.i.Re-Donne in rete
contro la violenza in collaborazione con DireDonne.
Rosso’, che passera’ al Senato senza modifica e senza
possibilita’ di intervenire. Sono intervenuta in Commissione
Giustizia presentando a firma mia e del gruppo Pd degli
emendamenti. Nulla da fare, sono stati respinti senza entrare
nel merito, c’e’ stato un atteggiamento di assoluta chiusura”.
Cosi’ la senatrice Valeria Valente, presidente della Commissione
parlamentare di inchiesta sul femminicidio, intervenendo al
convegno ‘Violenza contro le donne e affido dei minori. Quando la
giustizia nega la violenza’ in corso nella sede nazionale
dell’Agenzia Dire a Roma, organizzato da D.i.Re-Donne in rete
contro la violenza in collaborazione con DireDonne.
“Dobbiamo essere controllati sotto il
profilo culturale e del sessismo che e’ dentro le nostre
sentenze. La magistratura va controllata e se sbaglia deve pagare
un prezzo. L’imparzialita’ non esiste, e’ sbagliato
giuridicamente che l’imparzialita’ sia connaturata alla funzione
giudiziaria. È una tensione. Non basta indossare una toga o
diventare assistente sociale, il giudizio e’ inquinato del
pregiudizio che si struttura nel contesto sociale culturale e
valoriale in cui cresciamo”. E’ una presa di posizione netta
quella della magistrata del Tribunale di Roma, Paola Di Nicola,
intervenuta al convegno in corso nella sede nazionale
dell’Agenzia Dire a Roma ‘Violenza contro le donne e affido dei
minori. Quando la giustizia nega la violenza’, organizzato da
D.i.Re-Donne in rete contro la violenza in collaborazione con
DireDonne.
Per controllare la magistratura si dovrebbero “pubblicare
tutte le sentenze civili e penali online con nome e cognome dei
giudici- continua la magistrata- perche’ chiunque deve poter
leggere le sentenze emesse dai giudici italiani. Organizzate siti
specializzati- dice alla platea delle donne in sala- in cui
quando si deposita un documento che contiene un determinato
linguaggio si sappia che sara’ letto. Mandate le sentenze in cui
e’ esplicito il richiamo al sessismo al CSM. Attivate il
meccanismo legislativo. Segnaliamo i Ctu che emettono questo tipo
di consulenze ai presidenti di tribunali e ai consigli degli
ordini, spieghiamo quali sono i passaggi e si avvii
un’istruttoria”.
“Mi piacerebbe che venissero avviati dei provvedimenti
disciplinari dopo un femminicidio- sottolinea di Nicola- se il
giudice civile e quello penale non comunicano e’ perche’ manca
una cabina di regia”. Per la magistrata occorre creare
“osservatori dentro i tribunali, con persone competenti, in cui
passino tutti i provvedimenti giudiziari per capire dove e’ il
problema.
Videoregistriamo tutto. Servono controllo e sanzioni per i
giudici- conclude la magistrata- La discrezionalita’ e’ una cosa
seria, non un alibi dietro il quale celare pregiudizi contro le
donne”.
profilo culturale e del sessismo che e’ dentro le nostre
sentenze. La magistratura va controllata e se sbaglia deve pagare
un prezzo. L’imparzialita’ non esiste, e’ sbagliato
giuridicamente che l’imparzialita’ sia connaturata alla funzione
giudiziaria. È una tensione. Non basta indossare una toga o
diventare assistente sociale, il giudizio e’ inquinato del
pregiudizio che si struttura nel contesto sociale culturale e
valoriale in cui cresciamo”. E’ una presa di posizione netta
quella della magistrata del Tribunale di Roma, Paola Di Nicola,
intervenuta al convegno in corso nella sede nazionale
dell’Agenzia Dire a Roma ‘Violenza contro le donne e affido dei
minori. Quando la giustizia nega la violenza’, organizzato da
D.i.Re-Donne in rete contro la violenza in collaborazione con
DireDonne.
Per controllare la magistratura si dovrebbero “pubblicare
tutte le sentenze civili e penali online con nome e cognome dei
giudici- continua la magistrata- perche’ chiunque deve poter
leggere le sentenze emesse dai giudici italiani. Organizzate siti
specializzati- dice alla platea delle donne in sala- in cui
quando si deposita un documento che contiene un determinato
linguaggio si sappia che sara’ letto. Mandate le sentenze in cui
e’ esplicito il richiamo al sessismo al CSM. Attivate il
meccanismo legislativo. Segnaliamo i Ctu che emettono questo tipo
di consulenze ai presidenti di tribunali e ai consigli degli
ordini, spieghiamo quali sono i passaggi e si avvii
un’istruttoria”.
“Mi piacerebbe che venissero avviati dei provvedimenti
disciplinari dopo un femminicidio- sottolinea di Nicola- se il
giudice civile e quello penale non comunicano e’ perche’ manca
una cabina di regia”. Per la magistrata occorre creare
“osservatori dentro i tribunali, con persone competenti, in cui
passino tutti i provvedimenti giudiziari per capire dove e’ il
problema.
Videoregistriamo tutto. Servono controllo e sanzioni per i
giudici- conclude la magistrata- La discrezionalita’ e’ una cosa
seria, non un alibi dietro il quale celare pregiudizi contro le
donne”.