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Correre 40 chilometri a -52° e restare vivi, l’impresa di Paolo Venturini 

Correre 40 chilometri a -52° e restare vivi, l'impresa di Paolo Venturini 

 Facebook/Paolo Venturini

 Paolo Venturini

I quasi 40 Km che collegano Tomtor ad Oymyakon rappresentano il luogo abitato più freddo del pianeta. Ci troviamo in Siberia, più precisamente nella Jakutia, e le temperature superano i -50 gradi; inimmaginabile anche solo pensare per un italiano cosa voglia significare un freddo del genere. Eppure un italiano da oggi lo sa e lo sa bene; si chiama Paolo Venturini, è un classe ’68, è sovrintendente della Polizia di Stato ma anche un atleta del gruppo sportivo Fiamme Oro, e quei 40 Km (poco più di 39 per la precisione) ha deciso di percorrerli correndo, in mezzo alla neve, avvolto da un gelo che ha raggiunto i -52,6°C, così come testimoniano i termometri Delta OHM che lo seguivano, per un’impresa quasi impossibile, mai riuscita prima ad altro uomo.

Monster Frozen” l’hanno chiamata, per provare ad incorniciare l’epica di un momento che resterà storico. Ce l’ha fatta in 3 ore 54’10”, tempo durante il quale le gocce di sudore gli si ghiacciavano addosso non appena venute a galla, ma soprattutto respirando l’aria di una regione dove la temperatura è scesa ai livelli record di -72 gradi; un’aria che, soprattutto, una volta iniettata nei polmoni rischia di ghiacciarli; così non si possono superare i 10Km/h, per non aumentare con la velocità anche la percezione del freddo.

Ogni minimo dettaglio deve essere ampiamente studiato e scrupolosamente rispettato, anche perché non esiste attrezzatura per sfide di questo tipo, una tuta, un materiale, che possa in qualche modo salvaguardare mentre si tenta una sfida del genere, infatti come dice lui stesso a La Repubblica “Anche gli alpinisti che vanno sugli ottomila o gli esploratori polari che si imbattono in temperature molto rigide hanno del vestiario che è fatto per camminare, piumini e pantaloni molto grossi che sono un intralcio per la corsa”.

È stato complesso anche concepire un ambiente del genere in Italia, buono per allenarsi o perlomeno tentare di abituarsi a simili temperature. Alla fine lo ha trovato: l’abbattitore per tonni di un’azienda, una minuscola stanza che raggiunge i – 52, buona giusto per fare qualche test, non certo abbastanza grande per correrci dentro.

Test che sono continuati nelle modalità più bizzarre, tentando di abituare il corpo al vero e proprio gelo, così mentre il resto dell’Italia finiva i cenoni di Natale e Capodanno, Venturini si tuffava nell’Adriatico, ad una temperatura di circa 2 gradi, “è stata una bella botta di freddo”.  Niente in confronto a quello che affronterà dopo un mese in Siberia. Anche per questo l’agente è stato accompagnato nella sua folle corsa da due medici del dipartimento di Medicina dello sport dell’Università di Padova, un traduttore e un accompagnatore, oltre al coinvolgimento di esperti in medicina del freddo dell’Università di Yakutsk.

Quando a dicembre ha presentato in conferenza stampa la volontà di compiere questa missione ha dichiarato: “L’uomo non ha ancora scoperto i sui limiti. Io sono alla continua ricerca dei miei”, il sospetto è che questa impresa potrebbe davvero allargare l’orizzonte delle possibilità umane e non può che essere motivo di orgoglio che a fare, è proprio il caso di dirlo, il primo passo verso questo nuovo orizzonte sia stato un atleta italiano.

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