(ANSA) – ROMA, 27 APR – La crisi legata al Covid pesa anche
sul turismo religioso: in un anno sono stati persi 22mila posti
letto ovvero il 10% di quelli finora destinati all’ospitalità
spirituale o turistica, per studenti, lavoratori, gruppi e
famiglie. E’ quanto emerge dal Rapporto 2021 di Ospitalità
Religiosa, la rete delle strutture di accoglienza legata alla
Cei.
“L’assenza di ospiti e i pesanti costi fissi hanno costretto congregazioni, diocesi e associazioni – spiega Fabio Rocchi,
presidente dell’associazione Ospitalità Religiosa Italiana – a
chiudere i battenti di centinaia di strutture per destinarle ad
altri usi, se non addirittura a liberarsene. Il calo più marcato
si registra al centro-sud, con esclusione di Roma dove si
confida che i pellegrini possano tornare al più presto”. Il
Lazio, infatti, rappresenta l’offerta più ampia con oltre 33mila
posti-letto dei 210mila disponibili su tutto il territorio
nazionale. Seguono ben distanziati Veneto, Emilia Romagna e
Lombardia, ma la regione con la maggiore “densità” di
posti-letto è la Valle d’Aosta.
“Per chi è rimasto aperto, questo anno di sostanziale pausa è
servito per adeguarsi, ad esempio, all’accessibilità per le
persone con disabilità motorie, in cui spicca il Friuli-Venezia
Giulia con il 69% di strutture attrezzate. In questo ambito –
riferisce ancora il presidente dell’associazione – gli sforzi
maggiori premiano Umbria, Basilicata e Calabria, con un
incremento del 13% rispetto alla rilevazione del 2019”.
Dal Rapporto emerge anche che tra i servizi più diffusi nelle
strutture ricettive dell’ospitalità religiosa c’è il parcheggio
auto (76%), il giardino (69%), la sala riunioni (68%), una
cappella (60%), la sala tv (57%) e la chiesa (42%). (ANSA).
Fonte Ansa.it