«Com’è possibile che in un processo come quello per il crollo del ponte Morandi a Genova ci siano più avvocati delle parti civili che familiari delle vittime?». A chiederselo sono Alberto Pallotti e Biagio Ciaramella, rispettivamente presidente e vicepresidente dell’Associazione Italiana Familiari e Vittime della Strada ODV e dell’Associazione Unitaria Familiari e Vittime ODV, ed Elena Ronzullo, presidente dell’Associazione Mamme Coraggio e Vittime della Strada ODV.
Oggi è iniziato a Genova, ed è stato subito rinviato, il processo per la tragedia causata dal collasso del ponte Morandi il 14 agosto del 2018. Nel crollo morirono 43 persone. Cinquantanove gli imputati, tra cui ex vertici e tecnici di Autostrade e Spea, la società che si occupava di manutenzioni e ispezioni, e dirigenti del ministero delle Infrastrutture e funzionari del Provveditorato.
Le accuse sono, a vario titolo, quelle di omicidio colposo plurimo, omicidio stradale, crollo doloso, omissione di atti d’ufficio, attentato alla sicurezza dei trasporti, falso e omissione dolosa di dispositivi di sicurezza sui luoghi di lavoro.
“Abbiamo rinnovato la richiesta di costituzione di parte civile per le tre associazioni”, spiega l’avvocato Walter Rapattoni, legale rappresentante dell’Associazione Unitaria Familiari e Vittime, “ho depositato anche la richiesta di costituzione dell’AIFVS e dell’Associazione Mamme Coraggio, che sono rappresentate legalmente dagli avvocati Davide Tirozzi e Matteo Tirozzi. Il collegio ha rinviato la decisione alla prossima udienza, che è prevista per il 12 settembre. Si è anche stabilito un calendario che prevede tre udienze settimanali: il lunedì, martedì e mercoledì”.
“Nell’udienza del 12 settembre”, spiega Rapattoni, “verranno discusse le eccezioni delle parti civili già costituite durante l’udienza davanti al gup. Quindi si discuterà sulle nuove costituzioni di parte civile. Poi il dibattimento entrerà nel vivo. C’è, comunque, molta volontà di andare spediti. C’è la consapevolezza che questo è il processo al momento più importante d’Italia per quanto riguarda le vittime della strada e al momento tutti gli occhi sono puntati su questo processo. Noi abbiamo fatto fino in fondo il nostro lavoro, ora tocca ai giudici decidere”.
«La richiesta di costituzione di parte civile delle tre associazioni che difendono le vittime della strada è tanto più importante in questo momento, in quanto al processo si avverte la mancanza dei familiari delle vittime del crollo”, spiegano Pallotti, Ronzullo e Ciaramella, “Appena arrivati a Genova, abbiamo notato che all’udienza ci sono più avvocati delle parti civili rispetto alle persone che rappresentano le vittime. Questo è grave, poiché significa che parecchie persone hanno ritirato la propria costituzione di parte civile e sono uscite dal processo, magari perché si sono già accordate per il risarcimento. Ma, se mancano i familiari, chi rimane a lottare per la giustizia delle vittime? A genitori e ai parenti delle vittime della strada chiediamo di non mollare, di non uscire dai processi. Perché, quando si prende un risarcimento, poi non si può urlare che la giustizia non esiste, la giustizia esiste se noi la vogliamo».
«A noi interessa rappresentare le vittime della strada e far sì che ottengano giustizia», continuano i tre presidenti, «arriviamo da città lontane, facciamo viaggi anche molto lunghi per partecipare alle udienze e ribadire la necessità del rispetto delle vittime e della giustizia. A questo punto, dato che al processo di Genova mancano tanti familiari delle vittime, confidiamo che il giudice ci ammetta tra le parti civili, ci permetta di stare vicino alle vittime, lottare per loro, ottenere una giustizia che sia tale e impedire che tra qualche anno non se ne senta più parlare”.
A questo proposito, Alberto Pallotti si è reso protagonista di una protesta fuori dal tribunale di Genova, poiché giornalisti e parti civili sono stati esclusi dall’aula dell’udienza.
“Ci hanno detto di andare nell’Aula Magna a seguire il processo su uno schermo”, ha detto Alberto Pallotti, “ma le parti civili hanno diritto a partecipare all’udienza e non è giusto tenerci fuori. Non si può pensare di celebrare un processo lontano da chi difende le vittime. A Genova sono morte 43 persone, il presidente del Tribunale si faccia un esame di coscienza e permetta a chi di dovere di difenderle anche con la propria presenza nell’aula dove si svolge il processo”.