“Vivo con la valigia sempre pronta, anche se la sera quando torno a casa spiego a mio marito che non è la stessa: magari la mattina devo andare in missione in Antartide oppure, come pure non di rado è capitato, devo operare il trasbordo di un paziente in fin di vita. Portare a termine operazioni che devono necessariamente essere perfette ha anche piccoli insospettabili costi personali, come banalmente quello della valigia da rifare ogni sera. Ma l’orgoglio e la soddisfazione di aver svolto un servizio che è aiuto concreto alla popolazione, ripaga di tutto”. C’è da crederle. Il capitano Anna Maria Tribuna è una pilota combat ready di velivoli militari come il C-130J esperta di missioni ad altissimo livello come quella in Antartide realizzatasi in condizioni climatiche estreme e conclusa qualche mese prima dello scoppio della pandemia. Una missione ancora più speciale per il capitano Tribuna visto che dall’ingresso delle donne nelle Forze armate, 20 anni fa, è stata proprio lei la prima militare italiana a partecipare a una spedizione del genere. Ma il Covid 19 ha cambiato tutto anche per l’Aeronautica. E da quando l’emergenza da fine febbraio ha investito il nostro Paese, Anna Maria è una delle forze dei nostri militari che non ha mai smesso un giorno di stare sulla prima linea, “pur continuando – spiega la Capitano in servizio presso la 46/esima Brigata Aerea di Pisa con oltre 2mila ore di volo all’attivo -, le normali attività come quella del trasporto urgente dei malati”.
Sull’emergenza Covid si lavora senza sosta. “Tra la prima e la seconda ondata – spiega all’ANSA – non ci sono state quasi differenze per noi. Uno dei miei primi incarichi è stato quello di trasportare un grosso quantitativo di mascherine nel momento in cui il traffico aereo era praticamente fermo. Si viveva un momento drammatico come tutti ricordiamo, nel Paese eravamo privi di dispositivi di protezione. Ricordo la strana sensazione di silenzio all’atterraggio nello scalo milanese di Malpensa. Uno scenario mai visto. Prima del Covid atterrare a Malpensa era sempre caotico per via dell’intensissimo numero di voli. Quel giorno invece i contatti radio erano immediati”. Un piccolo rammarico ce l’ha: “Ancora non sono riuscita a portare mascherine nella mia città natale, Palermo. Ma so che altri colleghi lo stanno facendo e questo mi rincuora”. Con la stessa fermezza è operativa dall’inizio dell’emergenza anche la dottoressa Giulia Guadalupi, brindisina di 27 anni, medico in forza all’Aereonautica che ha partecipato all’allestimento ed alla conduzione delle attività del Point of Entry sanitario situato all’interno dell’Aeroporto di Pratica di Mare, la struttura ricettiva sanitaria dove sorgerà l’hub per il vaccino e che viene attivata ogni volta che vi sia un sospetto paziente infettivo a bordo di velivoli militari e civili. C’era lei a gestire da terra l’arrivo di Niccolò, il 17enne rimasto bloccato a Wuhan nel febbraio scorso e rientrato per primo in Italia in biocontenimento.
E c’era sempre lei a gestire in qualità di Pecc Flight Surgeon, le evacuazioni aeromediche dei pazienti Covid dall’Italia alla Germania quando si è realizzata una sinergia inedita tra i due Paesi Ue ad aprile. “E’ stata una fase molto delicata, anche critica direi – spiega Guadalupi che col suo team ha movimentato più di 500 pazienti gravi da inizio pandemia -. E’ stato impegnativo e di responsabilità interfacciarsi con organismi internazionali ma soprattutto la grande responsabilità è stata con le famiglie dei malati che vivono la paura di rimanere senza notizie dei propri cari”. Momenti intensi? “Tanti. Anche di commozione. In uno degli ultimi trasporti, una suora italiana che operava all’estero mi ha donato una lettera che porto sempre con me nel portafogli e un piccolo ciondolo con l’effigie della Madonna. Affidandomela in mano mi chiedeva quasi una salvezza”. Nell’ Aeronautica entrano anche nuove forze “rosa”. Quest’estate ha fatto il suo ingresso come ufficiale medico grazie al concorso straordinario bandito ad hoc dalle Forze Armate, il tenente Ginevra Leoni, ora operativa in una delle postazioni Drive Through di Linate realizzate in collaborazione con gli enti locali e l’Ats. “Riusciamo a processare circa 400 tamponi al giorno – spiega-, si effettuano senza prescrizione. Ho notato la compostezza con cui le persone che vengono ci esprimono anche le loro preoccupazioni. E’ capitato con i genitori di un bimbo di sei mesi. Oppure è venuta una signora che ha accompagnato la sua badante ed aveva le lacrime agli occhi. In quei momenti c’è anche da tranquillizzare e quello che è bello è sentire in risposta un vero grazie. A volte, in ospedale, non si realizzava lo stesso rapporto umano”.
Fonte Ansa.it