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DEBORAH BALLESIO UCCISA AL KARAOKE/ “Nessun alibi culturale, è questione di possesso”

 

Chiamiamolo femminicidio o in qualunque altro modo, sta di fatto che le cronache sono sempre piene di casi di ex mariti che uccidono le ex mogli o ex compagne. L’ultimo episodio del genere è accaduto ieri sera, al ristorante del bagno Aquario a Savona. Vittima una donna di 40 anni, Deborah Ballesio, ammazzata dall’ex marito Domenico Massari, 48 anni, che è entrato nello stabilimento dove era in corso una serata di karaoke, ha fatto fuoco in mezzo alla folla ferendo anche un’altra donna e una bambina e ucciso la ex moglie, sembra, pronunciando le parole “Ti ricordi di me?”.

L’uomo infatti era uscito un anno fa dal carcere dove era stato recluso per una condanna a tre anni per stalking e atti di violenza contro la signora Ballesio, le aveva infatti incendiato il locale che la donna aveva aperto per rifarsi una vita. Lui invece uscito dal carcere una vita non è riuscito a rifarsela, era disoccupato e senza fissa dimora, elementi di disperazione che probabilmente hanno giocato un ruolo nell’episodio.

Abbiamo chiesto l’opinione del professor Vincenzo Mastronardi, psichiatra e criminologo clinico, titolare della cattedra di psicopatologia forense nella prima facoltà di medicina dell’Università di Roma “La Sapienza” e direttore dell’Osservatorio sui Comportamenti e sulla Devianza. Abbiamo cercato di capire cosa induce così tanti uomini a episodi mortali come questo.

Forse un retaggio culturale tipicamente italiano, tenendo conto che la tristemente famosa legge sul delitto d’onore è stata abrogata solo nell’agosto 1981? “Escludo il condizionamento culturale o cose del genere” ci ha detto.

“È dimostrato dai casi che non ci sono differenze di cultura o appartenenza sociale, differenze di estrazione sociale o meno. È un fatto emozionale molto profondo, con una bassissima soglia di tolleranza non riuscire a sopportare l’abbandono, lì dove non vi è amore ma solo possesso dell’altro essere umano”.

LA DONNA OGGETTO, IL CASO DI DEBORAH BALLESIO 

Forse dunque il punto è considerare l’altro come un oggetto: “La famosa frase del saggio cinese che dice che quando arrivi all’ultima pagina devi fare una cosa sola, chiudere il libro, fortunatamente è fatta propria dai più. Ma ci sono però molte persone che non vi riescono, e fanno quello che fanno a ogni costo, anche quello di rimetterci la propria vita, pur sapendo le conseguenze nefaste a cui vanno incontro come il carcere o anche il suicidio, che molti di questi assassini poi compiono dopo aver ucciso la compagna”. Dunque si tratta di personalità che non sono in grado di fare i conti con la realtà: “Persone avulse da qualunque tipo di appartenenza culturale di qualunque genere. Se guardiamo all’America anche qui le statistiche di questo tipo di episodi sono abbastanza alte, pur essendoci n quel paese l’abitudine a contrarre molteplici matrimoni una volta conclusosi il precedente. Chi ha una struttura di personalità e di emozionalità di fondo con deficit psicopatologici non riuscirà mai a farcela”. Può contare qualcosa il fatto che in molto casi l’uomo rimanga tutta la vita legato alla figura materna, che incarna nella moglie, per questo non sopportando di essere abbandonato, rifiutato da questa sorta di madre suppletiva? “Certo, questa seconda cosa condiziona la prima che ho detto. Le peculiarità di quelle personalità portano a considerare la donna come una res propria, una cosa propria da possedere a ogni costo, anche della mia stessa vita”.

(Paolo Vites)

 

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