Ad oggi solo 3 anziani su 100 hanno completato la vaccinazione anti Covid e “la continua revisione al ribasso delle forniture, in soli 2 mesi, ha quasi dimezzato le dosi previste per il primo trimestre 2021, che sono precipitate da 28,3 a 15,7 milioni”. A metterlo in luce è il nuovo monitoraggio della Fondazione Gimbe che sottolinea come “una riduzione di tale entità, se da un lato è imputabile ai ritardi di produzione e consegna, dall’altro risente di irrealistiche stime di approvvigionamento del Piano originale”.
Ma, come mostra la grande differenza di velocità con cui si vaccina nelle varie regioni, è “preoccupante anche la frenata delle somministrazioni”, legata a difficoltà organizzative.
Al 24 febbraio (aggiornamento ore 8) avevano completato il ciclo vaccinale con la seconda dose oltre 1,34 milioni di persone pari al 2,25% della popolazione, ma con marcate differenze regionali: dall’1,58% dell’Abruzzo al 4,17% della P.A. di Bolzano.
Resta “esigua” la copertura degli over 80: su oltre 4,4 milioni, solo 380 mila (l’8,6%) hanno ricevuto la prima dose e circa 127 mila (il 2,9%) hanno ricevuto anche la seconda.
Difficoltà organizzative riguardano anche le vaccinazioni delle altre categorie. “E’ stato somministrato – sottolinea Gimbe – solo il 14% delle dosi di AstraZeneca, destinate a insegnanti e forze dell’ordine”. Anche in questo caso, sono notevoli sono le differenze regionali: se Toscana (64%), Valle d’Aosta (41,2%), Bolzano (37,6%) e Lazio (25%) hanno somministrato almeno un quarto delle dosi consegnate da AstraZeneca, due hanno somministrato meno dell’1% e 5 Regioni non hanno nemmeno iniziato.
“Dai primi posti in classifica tra i Paesi europei conquistati nella prima fase della campagna vaccinale – precisa Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe – l’Italia ha perso numerose posizioni perché non tutte le Regioni erano pronte”. Per uscire dalla pandemia, conclude, “è necessario un netto cambio di passo del Governo Draghi”.
Inoltre la Fondazione rende noto l’ultimo monitoraggio indipendente sull’andamento della pandemia. Dopo 4 settimane di stabilità nel numero dei nuovi casi di Covid-19, nella scorsa settimana si registra “un’inversione di tendenza con un incremento che, a livello nazionale sfiora il 10%, segno della rapida diffusione di varianti più contagiose”. E in 41 province l’incremento dei nuovi casi è superiore al 20%.
Nel dettaglio, nella settimana 17-23 febbraio 2021, rispetto alla precedente, si nota un incremento dei nuovi casi (92.571 rispetto a 84.272, pari a +9,8%), a fronte di un numero stabile di decessi (2.177 rispetto a 2.169). In lieve riduzione, invece, i casi attualmente positivi (387.948 rispetto a 393.686, pari a -1,5%), le persone in isolamento domiciliare (367.507 rispetto a 373.149, pari a -1,5%) e i ricoveri con sintomi (18.295 rispetto a 18.463, pari a -0,9%), mentre risalgono le terapie intensive (2.146 rispetto a 2.074, pari a +3,5%).
“L’incremento percentuale dei nuovi casi rispetto alla settimana precedente – afferma Cartabellotta – è l’indicatore più sensibile per identificare le numerose spie rosse che si accendono nelle diverse Regioni”.
In particolare, nella settimana 17-23 febbraio in ben 74 province su 107 (68,5%) si registra un incremento percentuale dei nuovi casi rispetto alla settimana precedente, con valori che superano il 20% in 41 Province; in 11 Regioni aumentano i casi attualmente positivi per 100.000 abitanti e in 10 Regioni sale l’incremento percentuale dei casi totali.
“Questi dati – commenta Renata Gili, Responsabile Ricerca sui Servizi Sanitari della Fondazione Gimbe – confermano che, per evitare lockdown più estesi, bisogna introdurre tempestivamente restrizioni rigorose nelle aree dove si verificano impennate repentine. Temporeggiare è molto rischioso perché la situazione rischia di sfuggire di mano”.
Fonte Ansa.it