Funerali vietati dalla Questura, che ha autorizzato la sola benedizione della salma, ieri al cimitero per Assunta “Pupetta” Maresca, vedova del boss “Pascalone ‘e Nola”, ucciso da un sicario, che vendicò uccidendo nel 1955, quando aveva 20 anni, il mandante dell’omicidio. A 86 anni, nonostante i film e le fiction televisive a lei dedicate ed il ruolo avuto nelle vicende criminali degli anni ’80, quando in una conferenza stampa minacciò di morte Raffaele Cutolo, capo della “Nuova camorra organizzata”, Pupetta Maresca era stata dimenticata e viveva nell’ anonimato a Castellammare di Stabia. Ieri solo una decina di donne si sono recate nella chiesa di S. Antonio di Padova , dove avrebbero dovuto svolgersi i funerali, per recitare qualche preghiera di suffragio.
Pupetta Maresca aveva portato sempre addosso l’etichetta di donna insofferente alle convenzioni e alla legge. Attrice, cantante, vincitrice, da ragazza del titolo di miss locale, rimase incinta e sposò Pasquale Simonetti, detto “Pascalone ‘e Nola”, il boss dei mercati ortofrutticoli, di cui rimase vedova pochi mesi dopo il matrimonio. Mentre era in attesa del primo figlio sparò ad Antonio Esposito, mandante dell’ omicidio, e fu, condannata a 13 anni e 4 mesi di carcere. Tempo dopo si legò sentimentalmente al boss Umberto Ammaturo dal quale ebbe due gemelli, Roberto e Antonella. Questa nuova fase della sua vita fu funestata dalla morte del primo figlio, Pasqualino, che ”spari’ ” a soli 17 anni, forse vittima di lupara bianca.
I suoi avvocati, Gennaro e Carlo Pecoraro, hanno protestato per le definizioni di “boss” e di ‘prima donna di camorra’ che le sono state attribuite dai media. “Definire “camorrista” oppure “donna boss” Pupetta Maresca – hanno scritto i legali – sono affermazioni “in spregio alla realtà, cristallizzata da provvedimenti giudiziari ormai definitivi, che tutti dovrebbero lealmente rispettare. Nei commenti su alcuni social media in modo ingiustificato e incivile si offende la memoria di una donna appena deceduta. Peggio ancora fanno taluni politici per ergersi a tutori di una legalità che si difende a parole, ma si calpesta nei fatti con esternazioni fondate su assunti smentiti in ogni sede processuale”.
Fonte Ansa.it