I genitori non lo riconoscevano più. Questo loro figlio era diventato un estraneo e ormai anche loro lo erano per lui. Il ventiquattrenne palermitano Giuseppe Frittitta, fermato insieme a un diciottenne marocchino per terrorismo, aveva urlato ai suoi con toni di odio che erano “miscredenti“: “Non avete più alcun potere su di me”.
Nel suo percorso di radicalizzazione, spiegano gli inquirenti, questo camionista convertitosi alla causa violenta dell’estremismo islamico, aveva litigato con i genitori e domenica scorsa si era sposato con una donna di religione musulmana. “Odio i miscredenti, violenza contro di loro”, ripeteva il giovane pronto a combattere la sua guerra col nome di ‘Yusef‘, sognando di creare una “comunità di veri musulmani”.
Si era fatto crescere una folta barba nera e postava foto e simboli di Daesh. Frittitta si è radicalizzato frequentando dal 2017 prima la moschea di Villabate, alle porte di Palermo, ma soprattutto via web, attraverso lo scambio di messaggi prima su Facebook, poi anche su WhatsApp e Instagram.
Dopo aver conseguito l’abilitazione alla conduzione di mezzi pesanti, si è trasferito per motivi di lavoro nelle zone del Nord Italia, dove ha accresciuto il suo livello di radicalizzazione, frequentando assiduamente luoghi di culto della provincia di Monza-Brianza e intensificando le relazioni di amicizia con l’altro fermato, Ossama Ghafir e altri italiani convertiti alla fede islamica e altri estremisti come lui.
Due “lupi solitari” pronti al suicidio, lui e Ghafir, il quale benché più giovane, aveva una forte influenza sul ventenne siciliano. Il marocchino è accusato di aver istigato Frittitta “a compiere delitti contro la personalità internazionale ed interna dello Stato e, segnatamente, i delitti di terrorismo internazionale”, inviandogli materiale di propaganda dello Stato Islamico, informazioni relative ai combattimenti in corso in Siria, canti di guerra, video propagandistici e di combattimenti, vessilli e immagini di guerre, e invitandolo ripetutamente a prepararsi per andare a combattere nei territori occupati dallo Stato Islamico.
I due si addestravano anche insieme “per il compimento – spiega la procura di Palermo – di atti di natura terroristica, per raggiungere una preparazione fisica e militare idonea a combattere a fianco dei miliziani dell’Isis in Siria o in altre località, tutti comportamenti finalizzati alla commissione di atti di terrorismo, per colpire più Paesi, sia mediorientali che europei”.
“La legge di Allah – spiegava il nordafricano a Frittitta – non si applica se non con la spada. E bisogna essere crudeli con i traditori, con i ribelli. E morti tutti”. E Giuseppe annuiva, sostenendo a sua volta la necessità dell’uso della violenza per applicare la legge di Allah.
‘Yusef’ si diceva pronto ad andare contro tutto e tutti. Si legge in una chat dal tono inquietante: “Mi sono preso troppo di collera, ho sbagliato due volte strada. Mancava poco e facevo un casino in autostrada…”. E si rammaricava, sentiva il “forte disagio” per l’impossibilità di essere “musulmano al 100%”. Proprio questo malessere interiore ha accresciuto in lui la radicalizzazione e rafforzato l’idea di seguire la “hijira” (migrazione), recarsi in Siria, in “dar-ul-islam” (terra dell’Islam) e colpire anche in Europa. Il sogno malato e pericoloso di un terrorista italiano.
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