Andrea Battistuzzi / Agf
Un panel sul clima alla Fondazione Mattei
Cinquantaquattro cervelli riuniti da tutto il mondo a Milano con una missione: mettere nero su bianco gli strumenti tecnici necessari per decarbonizzare il pianeta e azzerare le emissioni di CO2 entro il 2050.
Ingegneri, architetti, tecnici, biochimici, periti e docenti universitari sono stati chiamati a raccolta a Milano il 2 e il 3 aprile dall’economista della Columbia Jeffrey Sachs e dalla Fondazione Eni Enrico Mattei, che ha ospitato nel suo quartier generale le sessioni plenarie e i diversi panel tematici.
Gli esperti sono arrivati apposta per l’incontro da ogni parte del mondo, Singapore, Australia, California, Canada e in tanti dai più avanzati centri di ricerca tecnologica europei, ognuno con campi di ricerca ben precisi e una richiesta molto precisa degli organizzatori: mettere sul tavolo soluzioni concrete che implichino solo le tecnologie oggi esistenti, non quelle che ancora non ci sono. Il meeting è durato due giorni, rigorosamente a porte chiuse, niente foto, niente post sui social, niente stampa ad eccezione di Agi che ha potuto assistere ai lavori in esclusiva.
I protagonisti sono per la maggior parte giovanissimi, under 40, affiancati da professionisti e docenti con molti anni di esperienza alle spalle. Arrivano dal MIT, da Oxford, dal Centro Studi e Ricerche Petrolifere King Abdullah saudita, dalla finlandese LUT, e poi ancora dal Politecnico di Milano, dalla Federico II di Napoli e dalle università di Roma e Brescia.
Ma ci sono anche ricercatori dagli istituti privati come il World Green Building Council di Londra, l’Associazione degli ingegneri ambientalisti statunitense, la francese Systemiq (nata dopo gli accordi di Parigi per trovare strategie per metterli in pratica), dell’Enea, del CNR, dell’Agenzia Internazionale per l’Energia e dell’Eni, che è editore di questa testata oltre che finanziatore del think thank no profit Feem.
Ai due giorni di dibattiti non è presente nessun politico. “Saranno gli ingegneri a salvare il mondo”, ha detto Sachs che da oltre vent’anni lavora al fianco dei segretari generali delle Nazioni Unite ad aiutare le economie meno avanzate e a trovare soluzioni contro l’inquinamento e i cambiamenti climatici. “Il mondo lo salveranno gli ingegneri”, dice sorridendo pur sapendo che le soluzioni pratiche per salvare l’ambiente verranno dai tecnici ma alla fine saranno i politici a decidere se metterle in pratica e se finanziarle.
“Non ci sono ostacoli insuperabili sulla strada verso la decarbonizzazione per metà del secolo”, dice ad Agi Jeffrey Sachs. “Queste sono le parole che devono arrivare ai politici. E poi solleciteremo i capi di Stato, nel loro ruolo di leader di governo, affinché facciano quello che gli accordi sul cambiamento climatico prevedono, ovvero presentare una strategia al 2050, per mostrare come i loro Paesi possano raggiungere gli obiettivi che si sono dati a Parigi per fermare il riscaldamento globale.
Dalla due giorni di riunioni e panel tecnici alla Feem quindi sono uscite delle linee guida su diversi settori economici (industria pesante, energia, trasporti ed edilizia) che nelle prossime settimane diventeranno un rapporto vero e proprio che sarà presentato ai capi di Stato a settembre all’Onu e al Cop25 che si terrà a novembre in Cile.
“Abbiamo capito che se vogliamo trovare una soluzione ai problemi ambientali dobbiamo discuterne con le persone che affrontano ogni giorno questi problemi”, spiega ad Agi Paolo Carnevale, direttore esecutivo di Feem, che ha organizzato in pochissimi mesi questo meeting dopo averne parlato con Sachs a novembre a Roma.
“Per questo abbiamo deciso di non chiamare politici ed economisti ma coloro che lavorano tutti i giorni dietro le quinte, i tecnici e gli ingegneri che di queste nuove tecnologie si occupano ogni giorno. Abbiamo voluto solo chi è in grado di proporre soluzioni con le tecnologie oggi disponibili, non con quelle che ancora non esistono”. Carnevale è ottimista sul fatto che i tempi e le tecnologie ci siano per apportare un cambiamento industriale radicale come richiesto dagli accordi di Parigi ma sottolinea parlando con i diversi esperti che le soluzioni devono essere declinate per le aree geografiche e in base ai diversi livelli di sviluppo.
Nei due giorni di incontri Sachs ha parlato con tutti, risposto alle domande e alle perplessità di chi ritiene la sfida troppo ambiziosa o di chi teme che i leader mondiali potrebbero non mettere in pratica le soluzioni proposte. Ingegneri e ricercatori si sono divisi in panel, da ognuno dei quali sono uscite le criticità dei diversi settori economici, possibili soluzioni e tecnologie su cui puntare e su cui chiedere ai governi massicci investimenti in ricerca e sviluppo.
Le indicazioni sono molte e vanno dai combustibili sintetici per sostituire quelli fossili, allo sviluppo delle rinnovabili declinato per le diverse aree geografiche, fino agli incentivi e disincentivi fiscali e alle nuove regole per l’edilizia che abbattano le emissioni dei nuovi edifici (se ne costruiranno un miliardo da qui al 2050) e convertano quelli già esistenti in case a impatto zero.
”Non c’è un silver bullet”, ripetono tutti i presenti a chi chiede quali siano le soluzioni più a portata di mano. La via d’uscita dalla crisi climatica e la possibilità di mantenere i nostri stili di vita passano per un mix di soluzioni, tecnologiche ma anche culturali che impongono di rivedere i nostri stili di vita. La prima missione di questi tecnici, come in un film di Hollywood, è convincere i capi di Stato a dargli ascolto in tempo per salvare la vita sulla terra così come la conosciamo.
Dalle case sostenibili al riciclaggio della plastica, dalla guida autonoma delle auto all’Hyperloop. Le soluzioni da inserire nella roadmap per azzerare le emissioni di CO2 entro il 2050 sono moltissime e dovranno probabilmente essere usate dosandole diversamente per ogni settore economico e per i diversi Paesi.
Nel dettaglio sul lato energetico lo scenario dipinto dal gruppo di lavoro specifico è quello di un mondo che entro 30 anni dovrà approvvigionarsi quasi esclusivamente da fonti rinnovabili e in particolare per almeno i due terzi dall’eolico, che ha meno limiti del solare e può garantire alte produzioni energetiche in quasi tutte le latitudini.
Secondo i tecnici arrivati a Milano, e per primo Jeffrey Sachs, l’altro passo fondamentale è lo sviluppo in tempi brevi di combustibili sintetici efficienti e non inquinanti, così come l’investimento in sistemi di “storage” energetico molto più performanti di quelli attuali. Si parla soprattutto di batterie di nuova generazione che devono avere un impatto sul mondo dei trasporti ma anche nei paesi a economia meno avanzata, dove far arrivare energia anche nei luoghi che difficilmente nei prossimi anni potranno contare su reti elettriche moderne ed efficienti. Africa per prima.
Perché la capacità delle batterie acquisti un peso significativo sullo scenario energetico globale si parla di investimenti di miliardi di dollari da fare in ricerca e sviluppo. Lo storage energetico e termico è una soluzione da inserire anche nei piani urbanistici dei prossimi decenni attraverso ad esempio la costruzione di serbatoi di acqua sotterranei in grado di mantenere temperatura e distribuire energia a interi quartieri come già avviene in Olanda, alle Hawaii e presto in alcuni progetti pensati vicino Milano.
I trasporti avranno bisogno di un cambio di passo epocale come ha raccontato ad Agi a margine dei panel uno dei coordinatori del gruppo di lavoro, l’ex Ad di Ferrovie Renato Mazzoncini oggi al Politecnico di Milano. La totalità o quasi dei veicoli che circoleranno nel mondo nel 2050 dovranno essere elettrici o alimentati a combustibili sintetici non inquinanti, su cui però c’è molta strada da fare nel campo della ricerca.
Le emissioni inquinanti derivanti dall’aviazione sono invece più problematiche e l’idea di rendere elettrici anche i motori degli aerei appare qui meno realizzabile di quella di sviluppare altri mezzi di trasporto per le lunghe distanze, come ad esempio l’Hyperloop (il tunnel in cui far viaggiare treni oltre i mille km orari che non ha ancora visto la luce ma del quale la progettazione è in stadio molto avanzato). O ancora l’intervento dei computer al volante, sia in termini di auto a guida autonoma sia in termini di pianificazione degli spostamenti attraverso sistemi come il platooning. Si tratta cioè di computerizzare i trasporti mettendo in rete i veicoli in modo da non creare più code e risparmiare carburante ed emissioni nelle prestazioni di guida.
Anche l’edilizia e l’architettura dovranno cambiare radicalmente prospettiva. “Gli edifici devono essere considerati come elementi del sistema energetico globale, non come elementi separati”, ci ha spiegato Victoria Burrows del World Green Buildings Council di Londra. Qui la strategia viaggia su almeno due direttrici: per prima cosa rendere meno inquinanti i palazzi, ristrutturando quelli esistenti e pensando in modo diverso quelli nuovi in modo che siano più possibile autonomi energeticamente e a emissioni zero. In secondo luogo mettere in rete gli edifici in modo che possano distribuire l’energia che producono in più.
Questo significa immaginare città diverse, i cui piani regolatori per il futuro dovranno imporre regole più stringenti sulle emissioni. “Bisogna superare quello chiamo il modello Dubai”, dice a margine il professor Stefano Della Torre del Politecnico di Milano, “sono progetti che prevedono di importare dall’altra parte del mondo gran parte dei materiali invece di usare quelli locali e le facciate di vetro di quel tipo trasformano i palazzi in serre che per essere vivibili hanno bisogno di consumi energetici immensi”.
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