Il 9 ottobre 1963 si staccò un pezzo di montagna che franò sul lago artificiale nato con la diga, 270 mila metri cubi d’acqua invasero e distrussero Longarone, Erto e Casso: 1917 le vittime. Oggi il ricordo 55 anni dopo la tragedia
“Non so se quella diga reggerà. Ho il timore che qui succederà il disastro”. Maria Antonietta Candiago classe 1912, maestra elementare, abitava in via Roma a Longarone nel 1963. Il marito De Biasio aveva la fabbrica di biscotti le cosiddette “sbreghe” che si vede anche nel film di Martinelli. La signora Candiago aveva sbagliato sul crollo della diga, ma sul disastro ha avuto ragione. A ricordare quelle parole è Franco De Biasio, 75enne enologo di successo, che quella sera del 9 ottobre di 55 anni fa si trovava al collegio Cerletti di Conegliano dove frequentava la scuola di enologia. De Biasio era presente domenica scorsa allo stadio di Longarone in quanto ex giocatore della squadra giallo-blu nel campionato di calcio 1962-63.
Quel 9 ottobre del 1963 a Longarone nei bar con la televisione gli appassionati di calcio si stavano gustando Rangers Glasgow-Real Madrid di Coppa Campioni (oggi Champions League). Era grande anche all’epoca il Real (con Di Stefano e Puskas). Arno Galeazzo quella sera se ne partì da Longarone alle 21 a bordo della sua Fiat 500. Era andato a trovare la sua ragazza che mai più rivedrà.
I fatti li conosciamo bene. Verso le 22.30 si staccò un pezzo di montagna che franò sul lago artificiale nato con la diga. ben 270 mila metri cubi d’acqua invasero e distrussero Longarone, Erto e Casso: 1917 le vittime. Serviva energia elettrica Enel Sade volle a tutti i costi costruire quella diga, nonostante i pareri contrari dei geologi, in particolare quello dell’austriaco Leopold Muller. E’ triste ricordare che si trattò di una tragedia annunciata. Oggi a Longarone sono state ricordate quelle vittime 55 anni dopo, dalla presidenza della Repubblica è arrivato il messaggio del presidente Sergio Mattarella, che il sindaco Roberto Padrin ha invitato a Longarone.
A riportare alla luce questa tragedia che ci ha coinvolti tutti, perchè non riguarda solo Longarone, ci ha pensato Marco Paolini che ha fatto chiarezza in merito alle beffe subite dagli abitanti anche dopo aver pianto e perduto i loro cari. Non bisogna però dimenticare il ruolo di Clementina “Tina” Merlin classe 1926, All’epoca della costruzione della diga era corrispondente dell’Unità per il Veneto, in seguito scrittrice. Venne anche processata perchè nei suoi articoli era riuscita a vedere le falle della grande infrastruttura, poi assolta. Il suo libro “Sulla pelle viva. Come si costruisce una catastrofe. Il caso del Vajont” racconta in modo chiaro e dettagliato come si arriverà alla tragedia. Ebbe non poche difficoltà a trovare un editore per un’opera che resta una delle migliori testimonianze anche 55 anni dopo.
Da Longarone nel 1963 molti erano emigrati all’estero a portare la loro volontà, il loro ingegno. La gente di montagna è concreta. Oggi Longarone ha un’importante e strategica area industriale e si trova in un punto di collegamento con l’autostrada che collega la montagna con la Marca Trevigiana. Gente che ha sofferto e subito. Ma che ha saputo rialzarsi con dignità e determinazione. Con voglia di fare.