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Imprese:“A rischio chiusura 460mila piccole e medie aziende, un milione di posti di lavoro in meno”

Consiglio nazionale risulta che 460 mila piccole e medie imprese con meno di dieci addetti al di sotto di 500mila euro di fatturato sono a rischio chiusura.

Moretta (commercialisti): “A rischio chiusura 460mila piccole e medie aziende, un milione di posti di lavoro in meno” Foschi (Cndcec): “Difficile per i professionisti valutare bilanci 2020”

“Da un recente Rapporto Censis formulato insieme ai commercialisti del Consiglio nazionale risulta che 460 mila piccole e medie imprese con meno di dieci addetti al di sotto di 500mila euro di fatturato sono a rischio chiusura. Sono in gioco 80 miliardi di fatturato e un milione di posti di lavoro. Un dato allarmante su cui dobbiamo riflettere, affrontando il tema del codice della crisi di impresa che dovrebbe entrare in vigore il 1° settembre 2021.

Ma vorrei spendere qualche parola anche sull’Albo dei gestori della crisi, introdotto dal CCII, in particolare dall’articolo 356 entrato in vigore, ma solo formalmente, sin dal 16 marzo del 2019: manca infatti il decreto attuativo del ministero della Giustizia: si tratta dell’ennesimo albo di esperti cui i commercialisti possono iscriversi. Non si comprende perché il Legislatore si ostini a negare al CNDCEC il riconoscimento delle specializzazioni per i suoi iscritti, e poi continui ad istituire albi specifichi che denotano l’effettiva necessità della specializzazione.

Al riguardo, in questi giorni, vista la necessità di apportare modifiche al D.lgs. 139, il Cndcec nel presentare al Ministero l’emendamento connesso all’effettivo rispetto delle quote di genere nelle elezioni della ns governance nazionale e locale, ha ripresentato ancora una volta il nostro progetto delle specializzazioni”.

Queste le parole del presidente dell’Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili di Napoli, Vincenzo Moretta, in apertura del webinar “Una realistica prospettiva della crisi d’impresa post lockdown”.

Il rinvio dell’entrata in vigore del Codice della crisi è stato affrontato da Andrea Foschi, consigliere nazionale dei commercialisti e degli esperti contabili: “Il Codice della crisi è stato creato per aiutare le aziende a evitare di andare oltre il punto di non ritorno. Uno strumento che avrebbe dovuto essere rivalutato. Abbiamo accettato il rinvio a patto che servisse a migliorare il suo effetto sulle aziende e non semplicemente a spostare il problema delle procedure di allerta o dell’applicazione degli indici.

Tutto l’impianto era stato pensato per rappresentare un concreto aiuto per le imprese, con la crisi da covid, invece, si è intervenuti con l’obiettivo di cercare di presentare bilanci 2020 che non presentino perdite o patrimonio netto negativo, quindi senza gli effetti negativi della crisi, ma così si renderà difficile per i commercialisti leggere i bilanci presentati nel 2020”.

Sulla stessa lunghezza d’onda l’intervento del consigliere-tesoriere dell’Odcec Napoli, Immacolata Vasaturo: “La logica del Governo nell’emergenza è stata quella del rinvio o sospensione delle scadenze, o dell’accesso al credito bancario garantito dallo Stato, e le imprese si sono effettivamente, ulteriormente indebitate, a fronte di ristori davvero esigui. Il cd. diritto emergenziale della crisi non solo è in contrasto con i principi ispiratori del codice della crisi di impresa, ma è costituito da provvedimenti fondati su diversi approcci. All’inizio, con il decreto liquidità si è ritenuto di incidere sulle conseguenze delle perdite, sterilizzandole, mentre con la manovra estiva si è introdotta una norma che consente alle imprese di bloccare fino al 100 per cento l’imputazione in bilancio degli ammortamenti, pur avvalendosene fiscalmente, quindi si è inquinato il bilancio inficiando la sua funzione informativa.

Infine, con la Legge di Bilancio 2021 il legislatore ha previsto che le perdite 2020 potranno essere ripianate entro l’approvazione del bilancio del quinto esercizio successivo. Alla luce di tali disposizioni, non sembra avere senso parlare dell’imminente entrata in vigore del codice della crisi e delle procedure di allerta, anche perché il 2021 non vedrà purtroppo cambiamenti significativi della situazione per le imprese. Tuttavia, ormai il pilastro su cui poggia la riforma, ossia la prevenzione della crisi attraverso l’uso di indicatori ed appositi indici rappresenta un dato acquisito da tutti gli operatori del settore, dai magistrati ai professionisti ed agli imprenditori. Occorre riconsiderare la possibile entrata in vigore graduale, iniziando con le grandi imprese, più strutturate”.

Al webinar hanno partecipato, tra gli altri, Gabriella Maria Casella (presidente del Tribunale di S. Maria Capua Vetere), Antonio Tafuri (presidente dell’Ordine degli Avvocati di Napoli), Gianpiero Scoppa (presidente della VII sezione del Tribunale di Napoli) Adolfo Russo (Presidente dell’Ordine degli Avvocati di S. Maria C.V.), Luigi Fabozzi (presidente dell’Ordine dei dottori Commercialisti ed Esperti Contabili di Caserta), Elena de Rosa (Tesoriere COA Napoli), Brunella Cercone (S. Maria C.V. ), Gennaro D’Andria (Ordine Avvocati S. Maria C.V.) e Antonio Maiella (COA Napoli)

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