Da mesi circa 10mila laureati in psicologia chiedono una riformulazione dell’esame di Stato, modificato a seguito dell’emergenza sanitaria. E ora avvertono: “La sessione è iniziata e tutti i problemi che avevamo segnalato stanno venendo fuori. Dal governo solo promesse”
Ancora un nulla di fatto: il governo Conte continua a non dare risposte concrete agli studenti di Psicologia che da mesi protestano contro le modifiche all’esame di abilitazione professionale introdotte a causa dell’emergenza covid.Cambiamenti che, spiegano gli esaminandi, non fanno altro che rendere caotico, disomogeneo e sostanzialmente ingiusto questo passaggio fondamentale per l’ingresso nel mondo del lavoro. L’ultimo tentativo di mediazione con Alessandro Goracci, capo di Gabinetto del Governo Conte, si è concluso mercoledì 15 luglio senza alcun risultato: il Consiglio dei Ministri infatti ha deciso di non inserire alcuna modifica all’attuale modalità di esame all’interno del prossimo Dpcm.
Si tratta del capitolo più recente di un percorso cominciato quattro mesi fa e che adesso è arrivato a radunare circa 10mila psicologi in tutta italia uniti in una protesta che nessuno sembra voler ascoltare. Dopo la manifestazione in piazza Montecitorio lo scorso 12 giugno, ci sono stati incontri con il Ministro dell’Università e della Ricerca, Gaetano Manfredi, e con rappresentanti del Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi. Tutto ciò che hanno ottenuto finora è un documento con alcune linee guida non vincolanti presentato dall’Ordine degli Psicologi e seguito da una nota del Ministero che invita gli atenei ad attenervisi. Eppure, spiegano i capo protesta del movimento spontaneo nato nelle ultime settimane,Patrick Fabbri e Davide Pirrone, “queste linee guida al momento vengono in larga parte ignorate. Non solo: il governo ci ha illuso con annunci e parole per poi abbandonarci, ma la sessione di esame iniziata giovedì (il 16 luglio, ndr) sta dimostrando che i nostri timori erano reali e che le criticità segnalate si stanno verificando. Prima del coronavirus il nostro esame di abilitazione consisteva in tre prove scritte più un colloquio orale. Per potervi accedere era necessario un tirocinio professionalizzante di 1000 ore distribuite in due semestri e si trattava di prove complesse e impegnative: una prima sulla psicologia generale, una seconda dedicata alla progettazione di un intervento e una terza incentrata sull’analisi di un caso clinico reale, seguite appunto dal colloquio orale sull’analisi del tirocinio e sulla conoscenza e capacità di applicazione del codice deontologico. Adesso, invece, tutto viene sostituito da un colloquio telematico di cui continuano a non essere chiare né le modalità né i tempi. Sostanzialmente ci apprestiamo ad affrontare un esame al buio, senza sapere a che tipo di prova andiamo incontro e senza poterci preparare in modo adeguato”.
A ROMA. A Roma ad esempio, nonostante le rassicurazioni iniziali da parte dell’Università La Sapienza, le linee guida dell’Ordine degli Psicologi non vengono seguite. In più la sessione è stata programmata dal 16 luglio e fino all’8 di ottobre, creando disparità sulle tempistiche che, di fatto, impediranno ad alcuni di poter partecipare ai concorsi aperti per posti di lavoro (e per i quali hanno già pagato le quote di iscrizione).
LE RICHIESTE. “La nostra proposta – aggiunge Fabbri – era quella di fare ciò che si è fatto per medici e infermieri a seguito della pandemia, ovvero equiparare il tirocinio professionalizzante all’esame di Stato. Anche perché, dopo il decreto Lorenzin del 2018, la Psicologia ha acquisito a tutti gli effetti lo status di professione sanitaria. Ci è stato risposto che la cosa non è possibile, e allora abbiamo chiesto di poter svolgere il colloquio telematico secondo le modalità di quella che precedentemente era la prova orale, con la possibilità per i commissari di aggiungere domande sulla teoria, ma dando sostanzialmente per assodate le conoscenze oggetto delle prime tre prove scritte: materie e tematiche che, del resto, sono già state valutate ampiamente e ripetutamente durante tutto il percorso di studi universitari. È impensabile, infatti, l’idea di poter concentrare in una videochiamata di mezz’ora quattro prove così articolate senza che ne scaturisca un caos. Al momento, però, nessuno sembra volerci ascoltare, e i risultati sono sotto gli occhi di tutti”.
IL CAOS IN TUTTA ITALIA. A Bologna uno dei casi più eclatanti. È stato previsto un incontro telematico preliminare nella mattina del 16 luglio, ma in molti non sono riusciti ad accedervi a causa di problemi tecnici sulla piattaforma online dell’università. Un malfunzionamento che rischia adesso di creare problemi anche per lo stesso colloquio d’esame telematico. “L’ufficio esame di Stato – hanno spiegato gli esaminandi – nega questa situazione di disagio, mentre l’help desk racconta una versione totalmente diversa. Ma sono tantissimi i candidati che non riescono ad aprire il link di collegamento e il personale purtroppo non sa come aiutarci perché l’ufficio esame di Stato continua a ribadire che le istruzioni tecniche sono quelle già date, a prescindere dalle problematiche emerse”. A Bari, ad esempio, nonostante la sessione d’esame sia iniziata giovedì scorso la maggior parte dei candidati non conosce ancora conoscono la data e l’orario del proprio esame. E ancora:alla Cattolica di Milanoquella che prima era una valutazione articolata e complessa che richiedeva tre prove scritte e una orale, viene compressa in colloquio che non supera i 15 minuti. A L’Aquila la lettera di inizio della sessione è stata estratta a sorte solo nella mattina del 16 luglio, il giorno dell’inizio, col risultato che tre candidati hanno dovuto ritirarsi dalla sessione perché non sono riusciti a liberarsi nel giorno che era stato loro assegnato all’ultimo momento. Sempre nel capoluogo abruzzese, inoltre, il presidente della commissione d’esame ha annunciato che chi verrà bocciato non potrà ripresentarsi nella sessione di novembre: “Un’assurdità – spiegano i capo protesta – visto che questo è possibile in tutti gli altri atenei ed è anche garantito dalla legge”. A Pavia è stato introdotto un pre-esame con un solo commissario, il cui superamento è necessario per poter accedere all’esame vero e proprio: una modalità “spezzata” che viola le indicazioni del Decreto ministeriale dello scorso 29 aprile in cui si faceva riferimento a un esame di Stato unico in forma orale. “Di base – affermano i rappresentati – ciascun ateneo universitario ha la piena discrezionalità sulla modalità di svolgimento e valutazione degli esami, ma in questo modo emergono differenze troppo radicali, la valutazione non è più uguale per tutti e un’adeguata preparazione risulta impossibile”.