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La Corte UE sentenzia: “Stato italiano deve recuperare Ici non versato dalla Chiesa”

La sentenza della Corte di giustizia europea accoglie il ricorso della scuola Montessori di Roma e annulla le precedenti decisioni della Commissione e del Tribunale Ue, che avevano stabilito “l’impossibilità del recupero”, stimato in 4-5 miliardi

Lo Stato italiano deve recuperare l’Ici non pagata dalla Chiesa: lo hanno deciso i giudici della Corte di giustizia dell’Unione europea, annullando la decisione della Commissione del 2012 e la sentenza del Tribunale Ue del 2016 che avevano stabilito “l’impossibilità di recupero dell’aiuto”. 
“La Corte Ue – si legge – annulla la sentenza del Tribunale nella parte in cui esso ha convalidato la decisione della Commissione di non ordinare il recupero dell’aiuto illegale concesso con l’esenzione dall’Ici e annulla, di conseguenza, la decisione della Commissione”. 

Il ricorso accolto dalla Corte Ue sull’Ici è stato promosso dalla scuola elementare Montessori di Roma contro la sentenza del Tribunale Ue del 15 settembre 2016, che in primo grado aveva ritenuto legittima la decisione di non recupero della Commissione nei confronti di tutti gli enti non commerciali, sia religiosi sia no profit, di una cifra che, secondo stime dell’Anci, si aggira intorno ai 4-5 miliardi. La Commissione aveva riconosciuto all’Italia “l’assoluta impossibilità” di recuperare le tasse non versate nel periodo 2006-2011, dato che sarebbe stato “oggettivamente” impossibile sulla base dei dati catastali e delle banche fiscali, calcolare retroattivamente il tipo d’attività (economica o non economica) svolta negli immobili di proprietà degli enti non commerciali, e calcolare l’importo da recuperare.

La Corte di giustizia, pronunciatasi in Grande Chambre, ha invece annullato sia la decisione della Commissione europea che la sentenza del Tribunale Ue, spiegando che tali circostanze costituiscono mere “difficoltà interne” all’Italia e che la Commissione “avrebbe dovuto anche esaminare se esistessero modalità alternative che consentissero un recupero, anche solo parziale, di tali aiuti. In mancanza di un’analisi siffatta, la Commissione non ha dimostrato l’impossibilità assoluta di recupero dell’Ici”. Inoltre, ha ricordato che i ricorrenti erano situati “in prossimità immediata di enti ecclesiastici o religiosi che esercitavano attività analoghe” e dunque l’esenzione Ici li poneva “in una situazione concorrenziale sfavorevole (..) e falsata”.

La Corte ha ritenuto, invece, legittime le esenzioni dall’Imu, l’imposta succeduta all’Ici, introdotte dal governo Monti, anch’esse oggetto di contestazione da parte dei ricorrenti. “L’esenzione dall’Imu – si legge – che non si estendeva ai servizi didattici forniti dietro remunerazione, non si applicava ad attività economiche e non poteva pertanto essere considerata un aiuto di Stato. A tale riguardo, la Corte richiama la propria giurisprudenza secondo cui le esenzioni fiscali in materia immobiliare possono costituire aiuti di Stato vietati se e nei limiti in cui le attività svolte nei locali in questione siano attività economiche”.

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