Canti, litanie e botte. Facevano parte del rito di affiliazione alla clan “Eiye“, costola della mafia nigeriana diffusa in tutto il territorio nazionale, colpita oggi nell’operazione “No fly zone” della Squadra mobile di Palermo, con il fermo disposto per 13 persone che avevano assunto un forte controllo sugli affari criminali soprattutto nel quartiere Ballarò.
A confermarlo due pentiti di rilievo dell’organizzazione, ritenuti esponenti di vertice. “Ingoia, ingoia, ingoia – si sente nell’intercettazione, tra rumori di schiaffi e pugni assestati al nuovo ‘bird‘, costretto a bere il proprio sangue – apri gli occhi, quanti ne vedi, quante dita vedi…”.
E poi il nuovo membro che si sottomette completamente: “Giuro di sostenere Eiye confraternita moralmente e spiritualmente, finanziariamente e in qualsiasi altro modo e se non lo faccio che il ‘volture’ (l’avvoltoio, ndr) spietato mi strappi gli occhi. Se non rispetto il mio ibaka, rugged per l’eternita'”. Obbedienza o morte e carriera a colpi di reati. Ferocia, affari e rituali sono un connubio strettissimo, confermano i pentiti, un capo e il suo braccio destro.
Sul clan di nigeriani, raggiunti dai fermi di indiziato di delitto emessi dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermo, con l’accusa di far parte dell’associazione a delinquere di stampo mafioso, ha contribuito a fare luce, dunque, una ragazza nigeriana vittima di tratta e di sfruttamento della prostituzione, che ha fornito agli agenti significativi elementi in ordine all’appartenenza agli Eiye del suo sfruttatore. Ma soprattutto i due collaboratori di giustizia che hanno rivelato modalità di affiliazione e affari, dalla droga alla prostituzione, nonché la capacità di penetrazione ed espansione territoriale della mafia nigeriana.
E’ stata quindi individuata la casa di prostituzione all’interno del quartiere storico di Ballarò ed avviata una capillare attività investigativa che ha consentito di ricostruire l’organigramma dell’associazione a livello locale, fino a giungere all’identificazione dei suoi vertici. I membri cercavano di mascherare l’associazione criminale, costituendone una regolare denominata “Aviary”. Nel corso delle indagini sono stati documentati numerosi episodi violenti riconducibili all’associazione e alla sua capacità di imporsi sul territorio.
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