Tramonta l’ipotesi di un ingresso dell’Arabia Saudita tra i soci fondatori del Teatro alla Scala di Milano e svaniscono i 15 milioni di euro che i sauditi avrebbero versato in 5 anni, diventando soci fondatori con un posto in Cda. Ma non c’entra il mancato rispetto dei diritti umani, sventolato da più parti, quanto una gestione sbagliata del progetto, un bonifico senza causale e senza che i consiglieri ne fossero informati.
Lo ‘stop’ è arrivato oggi al termine della riunione del consiglio di amministrazione del teatro, che “all’unanimità” ha stabilito di restituire “immediatamente” al principe Badr al Saud il versamento dell’acconto di 3,1 milioni (fatto con due bonifici) arrivato il 4 marzo scorso, in quanto “non conforme alle procedure previste dallo Statuto per il concorso alla Fondazione”. Come ha spiegato il sindaco Giuseppe Sala, che è anche presidente del cda, questo “stoppa ogni discussione” sulla presenza di Riad nel principale teatro lirico italiano.
Almeno per adesso, perché una cosa è certa e cioè che “verso l’Arabia saudita il cda della Scala non ha alcuna preclusione”. Sala lo ha sottolineato, confermando che la tournée, già prevista in quel paese nel 2020, si farà regolarmente. “Noi non abbiamo preclusioni, non c’è una black list di paesi con i quali non si parla – ha detto -. O il nostro governo ci dice ‘con questi non parlate'” oppure la Scala valuterà di volta in volta i progetti. E se ci saranno altre possibilità di collaborazione le valuteremo, noi non chiudiamo le porte. Non esiste che non parliamo con i sauditi”.
Pereira bacchettato. Ma resta al suo posto
Il riferimento alla politica è d’obbligo, in quanto questo progetto ha trovato l’opposizione di molti, due interrogazioni parlamentari, e la presa di posizione del vicepremier Matteo Salvini e del presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana. Proprio quest’ultimo ieri aveva chiesto il licenziamento del sovrintendente Alexander Pereira ‘reo’ a suo dire, di aver accettato un bonifico dal principe Badr al Saud senza informare nessuno.
Sull’argomento Sala è stato esplicito e cioè alle parole seguano i fatti nelle sedi opportune: “Se il presidente Fontana intende portare avanti un’idea del genere (il licenziamento di Pereira, ndr) deve dire al suo rappresentante in consiglio, Philippe Daverio di proporre la cosa in cda. Oggi Daverio era presente e non non ha accennato a nulla del genere”. Per adesso la poltrona del sovrintendente resiste agli scossoni leghisti, almeno fino alla scadenza del suo contratto, nel 2020.
Della sua proroga di un anno, però nessuno ha più parlato. “Alexander Pereira certamente rimane al suo posto. Non è in discussione”, ha assicurato Sala. La posizione di Fontana, che ha detto di condividere pienamente la scelta fatta oggi dal cda, è in linea con quella del vicepremier Salvini, sempre convinto che fosse meglio fare a meno dei fondi sauditi. Anche se la storia è più complicata di cosi’: il sovrintendente aveva raccontato in un’intervista che tutto l’interesse era nato proprio da un contatto che gli era stato proposto da un esponente della Lega, l’ex direttore di Tele Padania Max Ferrari.
Quello che si rimprovera a Pereira è di aver gestito male il progetto “dal punto di vista della comunicazione”. “Al sovrintendente imputo grande ingenuità – ha detto il sindaco -. Ormai è in Italia da un po’ di anni e dovrebbe capire come funziona il meccanismo”. “A lui ho detto che apprezzo il suo attivismo – aggiunge – e il fatto che si spende molto sul piano internazionale, ma lo ritengo un po’ ingenuo a credere che quello che un esponente politico gli dice un giorno poi lo dichiari l’indomani… Te lo sogni”. “Pereira si è mosso in buona fede dal punto di vista della ricerca della partnership – ha concluso Sala – La cosa gli è un po’ scappata di mano”.
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