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L’assassino dei Murazzi avrebbe dovuto già essere in prigione

said stefano leo murazzi

Said Mechaouat, il 27enne marocchino con cittadinanza italiana che il 23 febbraio scorso ha ucciso con una coltellata alla gola il 33enne Stefano Leo, quella mattina non doveva trovarsi ai Murazzi ma in una cella del carcere. Come riporta La Stampa, nel giugno 2016 il giovane era stato condannato a 1 anno e 6 mesi per maltrattamenti e lesioni aggravate ai danni dell’ex compagna.

La sentenza è diventata definitiva nel maggio 2018, dopo che l’appello proposto dall’avvocato del 27enne, Basilio Foti, era stato respinto perché ritenuto inammissibile. La sentenza avrebbe quindi dovuta essere eseguita e il ragazzo avrebbe dovuto essere arrestato e incarcerato. Ciò non si è verificato per un ritardo nella trasmissione della sentenza definitiva da parte della cancelleria della Corte d’Appello (che di norma deve avvenire entro cinque giorni), con la Procura che, di conseguenza, non ha potuto emettere l’ordine di carcerazione. 

Il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, ha chiesto all’ispettorato del ministero di attivarsi per verificare l’accaduto.

Lo sfogo del padre: “Voglio andarmene dall’Italia”

“Abbiamo delle persone in giro per il territorio italiano pericolosissime che a loro modo, quando gli parte la testa, ammazzano i nostri figli. Questo non deve più succedere. Tutti i cittadini e anche i giornalisti devono essere più severi perché questo ragazzo ha rovinato 30 famiglie. Io sono disperato. Quando questa notte ho saputo della Corte d’Appello non ho dormito. Adesso chi va in galera? Chi sconta la pena? Abbiamo giustificazioni per tutti”, ha dichiarato a Radio 24 Maurizio Leo, il padre di Stefano.

“Voglio andarmene dall’Italia? Si voglio andarmene, qui c’è qualcosa che non funziona – aggiunge – Ormai io ho fatto i funerali e Stefano non me lo restituisce nessuno. Prima questa cosa che l’assassino voleva uccidere qualcuno felice, poi questa cosa della Corte d’Appello: ma capite che è tutto assurdo? Neanche nei film c’è una sceneggiatura cosi'”.

Il giudice chiede scusa: “Ma non è solo colpa nostra”

“Anch’io ho un figlio e se questa tragedia fosse successa a me sarei mortificato”. Trattiene a stento le lacrime il presidente della Corte d’Appello di Torino, Edoardo Barelli Innocenzi, che stamattina ha incontrato i giornalisti per spiegare se davvero Mechaouat  doveva trovarsi in carcere e non libero di uccidere. “Il cancelliere aveva il fascicolo di Said e altri mille fascicoli. Prima di quella sentenza ce n’erano altre con condanne oltre i tre anni, per le quali sicuramente si va in carcere”.

“È vero, nel caso di Said la sospensione della pena non c’era e l’ordine di carcerazione doveva essere emesso, ma se negli uffici c’è carenza di personale non è solo colpa nostra. Sono qui a prendermi pesci in faccia – ha aggiunto Barelli Innocenzi – ma non scrivete che è solo colpa dei magistrati. Stiamo facendo il possibile per ridurre l’arretrato, non eècolpa nostra se i servizi di cancelleria sono carenti”.

“Potete prendervela con noi – ha aggiunto Barelli Innocenzi rivolgendosi ai giornalisti – ma non è solo colpa nostra. Vengano gli ispettori a vedere in che condizioni lavoriamo”. Intanto, l’avvocato della famiglia di Stefano Leo, Nicolo’ Ferraris, ha chiesto a Barelli Innocenzi un incontro. “Di certo andrò a quell’incontro”, ha detto il presidente della Corte d’Appello.

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