La stampa paravaticana e quella politicamente corretta unanimi nel definire astioso, invidioso e vendicativo l’accusatore di Bergoglio. Paolo Flores d’Arcais invita a esaminare i fatti, assai circostanziati, e non a qualificare Viganò
Huffingtonpost, Paolo Flores d’Arcais
L’argumentum ad hominem è una classica fallacia logica evidenziata in ogni manuale. Consiste nel respingere un’affermazione non già entrando nel merito (chiedendo prove o confutando quelle addotte) bensì invocando le malvagie intenzioni di chi l’affermazione ha avanzato.
Chiunque scriva o parli sui media sa perfettamente, anche se crede nella Trinità e nella Verginità della Madonna, che l’argumentum ad hominem come argomento vale zero. Eppure sulle circostanziate accuse di Monsignor Viganò a pezzi consistenti e da novanta del Sacro Collegio, e infine anche a Francesco, è partita tutta e solo una quadriglia di argumenta ad hominen, una sarabanda di cui prodest, una rimozione catafratta e azzerante delle minuziose accuse di cui sopra.
E dire che la vocazione del giornalismo sarebbe proprio dar conto dei fatti. Dunque, di fronte ad accuse tanto clamorose e devastanti, che bollano di omosessualità o connivenza due cardinali segretari di Stato del calibro e del potere di Angelo Sodano (decano del collegio cardinalizio, dunque dominus alla morte del Papa) e Tarcisio Bertone (quello dell’attico con i soldi del Bambino Gesù, sì), dovrebbe sbrigliarsi a investigare, frugare negli archivi, incrociare testimonianze e interviste, dare conto ai lettori di chi si rifiuta di rispondere, e via informando.
Monsignor Viganò è parte di una manovra delle destre cattoliche in curia e negli episcopati (soprattutto quello americano) contro la svolta “progressista” di Bergoglio, si dice. Va da sé ed è anzi ostentato, facendo pubblicare il documento sui siti ecclesiali più reazionari e sul quotidiano italiano “La Verità” diretto da Maurizio Belpietro, seguito dal concordato carico da otto del cardinale Burke. E allora? Queste circostanze non dicono assolutamente nulla rispetto alla fondatezza delle accuse mosse.
Monsignor Viganò è animato da astio personale covato lungamente, per promozioni e berretta che immaginava già sul capo e che sono andate invece ad altri. Possibile, anche probabile, perché troppo umano, e se c’è un ambiente dove i sette vizi capitali più sontuosamente allignano è quello dei prelati di Santa Romana Chiesa, Cattolica ed Apostolica. E allora? La caratura della sua invidia, toccasse anche i ventiquattro, non sminuirebbe di un’oncia il peso delle sue accuse.
Speriamo perciò che ora il giornalismo cominci a fare il suo lavoro. Che è quello di prescindere dal “a chi giova?” e di verificare accusa per accusa il cahier de doléances del monsignore codino. Alcune sono riscontrabili con un click su Google (digitando “sodano maciel” compaiono in 0,33 secondi 32.000 occorrenze che documentano l’inesausto impegno profuso dal Sodano in difesa del boss pedofilo dei “Legionari di Cristo”, contro il quale le prime accuse risalgono addirittura al 1948!).
Altre sono verificabili o rifiutabili o catalogabili in un punto dello spettro delle probabilità, procedendo con gli elementari ferri del mestiere giornalistico, più sopra citati. Solo che lo si voglia. Ma chi vuole ancora fatti e verità? A chi non giovano?