Antonio Serranò / AGF
La baraccopoli di San Ferdinando
L’ultima volta era successo appena due mesi e mezzo fa: il 2 dicembre 2018 un ragazzo di 18 anni, venuto dal Gambia, era morto in un incendio che aveva distrutto la sua baracca a San Ferdinando, nella piana di Gioia Tauro.
Surawa Jaiteh era regolare in Italia, titolare di permesso di soggiorno per motivi umanitari, ma si era allontanato volontariamente dal centro di accoglienza di Gioiosa Jonica per vivere nella baraccopoli, dove i roghi sono così frequenti che iu vigili del fuoco vi hanno stabilito un presidio permanente.
Tre morti in un anno
Il rogo della notte del 15 febbraio ha distrutto una decina di baracche e quindici migranti rimasti senza un tetto sono stati trasferiti nella nuova tendopoli gestita dal Comune di San Ferdinando, ma sono tre le persone morte in poco più di un anno: prima di Surawa Jaiteh il 27 gennaio 2018 a morire era stata una nigeriana, Becky Moses, 26 anni. L’incendio era stato appiccato da un’altra donna, arrestata mesi dopo dalla Polizia, che avrebbe agito per gelosia.
Nella stessa baraccopoli viveva Soumayla Sacko, 29 anni, immigrato del Mali, sindacalista dell’Usb, ucciso il 2 giugno del 2018 da una fucilata a San Calogero, nel Vibonese, mentre, all’interno di una fornace in disuso, cercava lamiere da utilizzare per costruire una baracca nel campo di San Ferdinando.
Diversi altri incendi divampati nel’accampamento non hanno provocato vittime. La situazione di precarietà in cui vivono i migranti della piana di San Ferdinando ha indotto le autorità, con il coordinamento della prefettura di Reggio Calabria, a trovare soluzioni alternative. La Protezione Civile regionale ha allestito una tendopoli attrezzata in un’altra area del comune del Reggino, mentre è stato approntato un piano che prevede la collocazione dei braccianti in immobili privati, attraverso incentivi a beneficio dei proprietari.
E il problema del caporalato si somma a quello delle baraccopoli che dalla Campania alla Sicilia rischiano di diventare le nuove polveriere del Sud Italia. Eccole, una per una, in una mappa.
Calabria
Piana di Gioia Tauro
E’ la piana di Gioia Tauro (in provincia di Reggio Calabria) il punto “caldo” dell’immigrazione in Calabria. Vi lavorano, secondo stime della prefettura, 1.500 persone, tutte di provenienza dall’Africa, impegnate nelle aziende agricole della zona nella raccolta degli agrumi, delle olive o dei pomodori secondo la stagione, in cambio di pochi euro al giorno. Si tratta di una polveriera sempre pronta a deflagrare a causa delle condizioni in cui i lavoratori vivono, sebbene la situazione sia recentemente migliorata con l’allestimento, a San Ferdinando, di una nuova tendopoli in sostituzione della precedente, installata dopo la raccolta del 2010.
Nella notte fra il 7 e l’8 gennaio, centinaia di immigrati devastarono Rosarno quando qualcuno sparò contro due di loro, rimasti feriti. I migranti, ospitati in una fabbrica in disuso in condizioni di estremo degrado, si riversarono per le vie del centro, armati di bastoni ed armi improvvisate, devastando centinaia di auto e incendiando cassonetti dei rifiuti. Un bambino, che si trovava nell’auto con i genitori, rimase ferito leggermente a un orecchio dalla scheggia di un vetro infranto, mentre una donna fu colpita alla testa lungo la statale 18 durante un altro assalto. La Polizia tentò di fronteggiare la protesta e si scontro con i rivoltosi che fecero partire contro gli agenti una fitta sassaiola. Diversi furono i contusi. Fu una notte di fuoco. La tensione aumentò quando un gruppo di cittadini rosarnesi scese in piazza per protestare a sua volta contro gli extracomunitari. Solo grazie alla mediazione delle istituzioni tornò la calma, con l’impegno di migliorare le condizioni dei braccianti.
L’altro episodio risale al 27 gennaio scorso. Un vasto incendio provocò la morte di una giovane donna nigeriana, Becky Moses, ed il ferimento di altre due persone. Nell’aprile scorso è stata arrestata una donna, che tentava di lasciare l’Italia: sarebbe stata lei a commissionare l’incendio a persone ancora sconosciute per consumare una vendetta dovuta motivi passionali. Due anni prima, l’8 giugno 2016, un carabiniere intervenuto per sedare una rissa nella tendopoli di San Ferdinando sparò e uccise un migrante che lo aveva aggredito con un coltello ed anche in quella circostanza la situazione fece temere di degenerare.
Isola Capo Rizzuto
L’altro punto di aggregazione dell’immigrazione in Calabria è il Cara di Isola Capo Rizzuto (Crotone), capace di ospitare 1.000 persone. Sebbene sia sotto il controllo delle istituzioni, la struttura, di tanto in tanto, fa registrare proteste dovute al ritardo della corresponsione delle indennità riconosciute dallo Stato agli ospiti della struttura. In alcuni casi si sono verificati tafferugli con le forze dell’ordine o l’occupazione della vicina strada statale 106 ionica. Nel maggio del 2017, peraltro, la struttura, affidata in gestione alle “Misericordie”, fu al centro dell’operazione “Johnny” che portò all’arresto dei gestori per presunte infiltrazioni della ‘ndrangheta.
Sicilia
Si smontano e si rimontano, come degradanti ‘teorie di Lego’, indegni ‘puzzle tridimensionali’ della povertà e dello sfruttamento. Baraccopoli e tendopoli che in Sicilia danno alloggio temporaneo e auto-organizzato a migranti utilizzati come manodopera a basso costo.
Cassibile
Qui, in provincia di Siracusa, a esempio, le forze dell’ordine sono continuamente alle prese con queste ‘architetture’ fantasma, ma ben conosciute dai nuovi schiavisti italiani. Soltanto a maggio doppio blitz anti caporalato dei carabinieri. Dopo la tendopoli di fortuna, scoperta alcuni giorni prima con all’interno 37 migranti regolari, in località Stradicò, in un terreno privato, è stato individuato un altro insediamento abusivo: oltre 50 le baracche in legno e lamiera, in grado di alloggiare nel degrado assoluto 100-120 persone. Al momento del controllo erano presenti 79 persone, in maggioranza di origine africana, tutti di sesso maschile, maggiorenni e in regola sul territorio nazionale, segnalati alla procura per invasione di terreni. L’area, in un fondo agricolo vicino lo svincolo dell’autostrada Siracusa-Gela, in pessime condizioni igienico-sanitarie, era priva di acqua corrente ed energia elettrica. Gli ‘ospiti’ avevano realizzato degli ambienti comuni: un locale ricreativo attrezzato con un bancone e utilizzato per la mescita di alimenti e bevande, con tavolini, un televisore e un vano riservato alla preghiera, una piccola Moschea improvvisata. Nella baraccopoli anche una discarica a cielo aperto in cui giornalmente venivano bruciati i rifiuti prodotti dagli occupanti.
Vittoria
Altri invisibili si incontrano a Vittoria, grosso centro in provincia di Ragusa. Una distesa plastica di serre, uno dei più grandi poli ortofrutticoli europei, è il luogo di lavoro di uomini, ma soprattutto donne dell’Est, sfruttate lavorativamente e vessate e violentate dagli stessi proprietari delle serre. Anche qui un’area ghetto – quasi mimetizzata nel paesaggio – che appare come un grande buco nero.
Campobello di Mazara
Una tendopoli-baraccopoli era diventata una presenza acquisita e mal digerita dai residenti di contrada Erbe Bianche a Campobello di Mazara, nel Trapanese. Nella zona da anni si radunano oltre un migliaio di migranti impegnati nelle raccolte agricole stagionali. Le ruspe a marzo sono intervenute sradicando una decina di tende e baracche adibite ad alloggio dai migranti che da ieri sera hanno abbandonato la zona. Per settimane un gruppo di associazioni (Contadinazioni, Libera, Forum Antirazzista di Palermo) ha lanciato un appello alla ricerca di abitazioni da concedere in affitto ai migranti che intendono rimanere in zona. “Abbiamo chiesto a chiunque – dice uno di loro – ma appena diciamo che si tratta di migranti, i proprietari delle case si dicono non più disponibili”. Lo sgombero del ghetto – costruito con legno di risulta, pannelli di eternit e teloni da campagna – era stato disposto dalla stessa amministrazione comunale. Nel 2013 in un incendio morì un ragazzo di originario del Senegal dal quale prese il nome “Ciao Ousmane”, un campo provvisorio organizzato e finanziato dal comune di Campobello di Mazara in un ex oleificio confiscato alla mafia.
Caltanissetta
Analoga situazione a Caltanissetta, nei pressi del Cie di Pian del Lago. Anche qui recentemente è stata sgomberata la tendopoli di pakistani, richiedenti asilo, lungo la strada provinciale. Alcune decine erano accampate da diverse settimane sotto il cavalcavia.
Paternò
In provincia di Catania, a Paternò, ha trovato spazio per lungo tempo una baraccopoli di circa 200 posti letto, in contrada Ciappe Bianche: baracche di fortuna costruite con teloni, pezzi di lamierini, con materiale di risulta; a bloccare le tende al suolo, per fermare vento e pioggia, grosse pietre e pezzi di gabinetti, prelevati dalla mega discarica abusiva. Rifugi miseri abitati soprattutto da nordafricani impegnati nella campagna agrumicola, tra ruspe e nuovi giacigli di (s)fortuna. Spazzati via. Almeno per ora.
Puglia
Borgo Mezzanone
Sono oltre mille i migranti ospiti dal Cara di Borgo Mezzanone a una decina di chilometri da Foggia. Altri mille quelli che vivono nelle baracche o nelle masserie abbandonate in quella che viene chiamata la ex pista che si trova a ridosso della struttura di accoglienza. Si tratta per la maggior parte di nordafricani, che lavorano come braccianti nelle campagne. Moltissimi di loro da qualche mese vivono in tende e roulotte sistemate a pochi chilometri dall’ex Gran Ghetto che si trovava nelle campagne tra San Severo e Rignano Garganico e che è stato sgomberato due estati fa. Il Gran Ghetto era stato sgomberato anche dopo l’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Bari su presunte infiltrazioni criminali nella gestione del caporalato nel campo. Un campo che ora sta tornando a rinascere a pochi metri dal vecchio.
Cerignola
Ma quella dei migranti è una emergenza che investe tutto il territorio provinciale dove insistono numerosi ghetti e insediamenti abusivi di stranieri che vivono senza le minime condizioni igienico sanitarie. Oltre 800 quelli ospitati in diversi centri sparsi per la provincia di Foggia, per lo più donne e bambini. Ci sono i ghetti di Borgo Tressanti e Borgo Libertà nelle campagne di Cerignola, Cicerone a Orta Nova. Molti dei migranti sgomberati dal Gran Ghetto sono sparsi tra le varie baraccopoli della Capitanata, compresi alcuni rifugi che sarebbero stati ricostruiti proprio nelle zone dove sorgeva, come già detto, l’insediamento abusivo. Alcuni di questi sono ospiti a Casa Sankara e all’Arena, due strutture realizzate ad hoc.
Campania
Storicamente il Casertano e il Salernitano sono i due territori ad alta concentrazione di immigrati clandestini sfruttati come braccianti nei campi, e nel litorale domitio e nella piana del Sele in passato si sono registrate situazioni di criticità, con sgomberi di campi abusivi, proteste tra gli extracomunitari e i residenti, e frizioni tra le due ‘parti’.
Caserta
Nonostante il territorio casertano continui a registrare una massiccia presenza di immigrati, non ci sono baraccopoli e neppure edifici occupati abusivamente. Uno di questi fabbricati è stato sequestrato e sgomberato dai carabinieri a Caserta lo scorso 15 maggio. Si tratta dell’ex Hotel Houston, una mega struttura all’uscita dell’autostrada di Caserta Nord, florida attività imprenditoriale fino agli anni ’80 e poi abbandonata e diventata un rifugio per immigrati senza tetto e piazza di spaccio. All’atto del sequestro, i militari dell’Arma trovarono all’interno decine di extracomunitari e due famiglie rom con minori.
Castel Volturno
Situazione migliorata anche a Castel Volturno per quanto riguarda l’occupazione abusiva di edifici, anche se sempre incandescente a causa della massiccia presenza di migliaia di extracomunitari clandestini. L’ultima struttura occupata abusivamente da immigrati è stata quella di un altro albergo, l’American Palace, sgomberato nel 2010. Oggi circa il 90 per cento degli immigrati in quelle zone paga un fitto, seppur a nero, a proprietari italiani. Mentre una piccola parte, insieme anche a diversi cittadini italiani in condizioni economiche disagiate, occupa abusivamente abitazioni abbandonate nel corso degli anni sul litorale a ridosso del mare, ma si tratta di nuclei familiari in singoli appartamenti.
Eboli
Allo stesso modo, baraccopoli che ‘ospitano’ migranti nel Salernitano non ce ne sono più. Un tempo Eboli, nella Piana del Sele, aveva una ‘microcittà’ completamente abusiva a ridosso dei campi di pomodoro. Era il 2009, quando 800 uomini in divisa con mezzi speciali sgomberarono a San Nicola Varco di Eboli, la baraccopoli abitata da 1.000 immigrati, per lo più clandestini. Sul litorale che va da Pontecagnano a Capaccio, però, segnalano i sindacati, insistono circa 3.000 migranti che occupano abusivamente case fatiscenti, un tempo abitate ai villeggianti stagionali. Secondo fonti dei sindacati, gran parte di loro paga regolarmente le tasse. Con l’arrivo della stagione estiva, che significa raccolto, la stragrande maggioranza dei braccianti impiegati, però, sono immigrati che negli anni scorsi si sono sistemati in ripari di fortuna al di sotto degli alberi della folta pineta che costeggia il lungomare, in condizioni di degrado e senza servizi. Nel Napoletano, così come in Irpinia e nel Sannio, nessuna baraccopoli.
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