La Smart city è la città del futuro, dove le tecnologie integrate garantiscono al cittadino un contesto urbano sicuro, inclusivo, con servizi e dove, proprio grazie all’espandersi delle nuove tecnologie, si possono notevolmente ridurre le distanze tra le cosiddette ‘periferie’ ed i quartieri i cui abitanti hanno un reddito più alto. Parte anche da questo presupposto l’avventura di Planet Holding, gruppo e start up con sedi nel Regno Unito, in Brasile ed in Italia, a Torino, dove si trova “Planet idea”, il cuore delle attività di ricerca e sviluppo.
Planet è leader nella progettazione e realizzazione di grandi complessi residenziali per l’Affordable Housing, ossia edilizia riguardante case la cui spesa media annua per l’affitto o la rata del mutuo non è superiore al 30% del reddito cumulato di una famiglia media.
Gianni Savio
Un’avventura nata nel 2015 per l’iniziativa di un gruppo di imprenditori che guarda ora al Brasile, dove si sta realizzando “Laguna Smart City”, la prima smart city per l’Affordable Housing nel mondo ed anche ad altri Paesi, caratterizzati dal forte deficit abitativo. Tra questi l’India. E proprio dall’India Gianni Savio, Ceo del Gruppo, racconta come è nata l’idea e come si è arrivati all’annuncio di questi giorni di un nuovo aumento di capitale, dopo quello del 10 settembre scorso, da 34 milioni di euro. Un’idea che parte dal presupposto che “ogni anno nel mondo vengono costruite più o meno circa 25 milioni di unità abitative ed il 40%, pari a 10 milioni, sono ‘affordable housing’, ossia realizzate a prezzi accessibili. E solo questo un mercato da 250 miliardi di dollari”.
Savio, come nasce la vostra idea?
“Il concetto è molto chiaro: Affordable sono le case che devono avere un prezzo di acquisto con una rata del mutuo o di affitto, che non supera il 30% del reddito familiare. C’è un grandissimo deficit abitativo per case con costi accessibili, si stima più o meno intorno ai 350 milioni di unità abitative e nei paesi in via di sviluppo questo è un problema grandissimo. Da qui la nostra idea: vogliamo realizzare un concept che aiuti a risolvere questo problema, a costruire case e quartieri migliori e anche a trovare la finanza per rendere fattibile e sostenibile tutto questo anche a livello economico. Attraverso questo nostro concept, costruendo non singole case ma interi quartieri affordable vogliamo industrializzare il processo, diminuendo così i costi ed aumentando i servizi che possiamo offrire”.
Perché la scelta di realizzare questo concept in Brasile?
“Tutto parte dal nostro arrivo in Brasile, dove eravamo stati incaricati di fare un progetto immobiliare di grandi dimensioni vicino ad una zona in forte sviluppo con la necessità di realizzare abitazioni per i lavoratori impegnati in quell’area. C’era quindi l’idea di urbanizzare una area da zero, costruire strade, infrastrutture ed il salto è avvenuto quando ci siamo messi a ragionare su questo progetto e ci siamo resi conto che la vera innovazione viene dai servizi. Da qui l’idea di fare case belle e costruite bene ma, soprattutto, cercando di dotare questa nuova piccola cittadina di servizi innovativi. È partito così il progetto di una piccola smart city per “affordable housing” cioè con case accessibili a redditi bassi e ci siamo resi conto che si trattava di un qualcosa di unico al mondo. C’erano infatti tentativi di costruire smart city da zero ma per le fasce di reddito alte, mentre nessuno stava costruendo un primo progetto pilota per grossi complessi residenziali, quartieri per case accessibili a tutti, che nell’accezione comune sono definiti come social housing con servizi innovativi. Da lì è partito tutto e da lì è anche arrivata l’esigenza di fare nascere un competence center a Torino, perché non abbiamo trovato una società di ingegneria, che sapesse darci la ricetta di come si costruiva una smart city non solo a livello tecnologico ma anche con servizi di inclusione sociale, sostenibilità ambientale; di come progettare una città da zero che fosse davvero in grado di integrare tutte le soluzioni smart che si stanno realizzando nel mondo. A Torino è nato dunque un nucleo di esperti trasversali, 45 persone, dagli ingeneri agli architetti, agli esperti dell’inclusione sociale, dei temi ambientali proprio perché ognuno apportasse la sua soluzione di smart city. Sono tre anni e mezzo che lavoriamo su questo tema e possiamo dire che questo è il primo nucleo al mondo di lavoro interdisciplinare e multidisciplinare, che lavora insieme per progettare quartieri del futuro”.
Il vostro impegno è in Brasile ma intanto a quale altre parti del mondo guardate?
“Ci siamo mossi anche in Italia come advisor e quest’anno verrà presentato il primo quartiere in social housing smart a Milano, che stiamo realizzando con un fondo immobiliare. Un altro quartiere in social housing è stato già presentato a Roma con Dea capital, che è la prima Sgr in Italia e che amministra circa 10 miliardi di euro di patrimonio immobiliare, alla presenza della sindaca Raggi. Il nostro focus è proprio quello con questi progetti pilota di esportare e replicare questo format in altre parti del mondo. In questi giorni sono in India , abbiamo già lanciato la seconda smart city in Brasile e l’obiettivo quest’anno è di lanciare altri due progetti sempre in Brasile e dimostrare come alla fine i quartieri smart del futuro avvicinano le fasce di reddito invece che allontanarle, perché i servizi che le persone incontreranno nelle nostre realizzazioni per il social housing sono molto simili ai servizi dei quartieri pensati per le fasce di reddito alte, nel senso che le soluzioni sono molto simili, dal car sharing al bike sharing alle piattaforme digitali. Soluzioni che richiedono certo investimenti ma che, su larga scala, sono molto sostenibili”.
Voi in questo modo portate anche la tecnologia italiana nel mondo?
“In Brasile stiamo lavorando sia con Enel a varie soluzioni come il tema dell’illuminazione pubblica, delle reti intelligenti e l’obiettivo nella seconda fase è che la rete elettrica sarà tutta interrata. Abbiamo lavorato con Tim Brasile per portare la connettività in un posto dove non c’era e adesso c’è il 3G. Lavoriamo con società italiane ma abbiamo già aperto rapporti con società straniere. Il nostro approccio deve essere multidisciplinare anche nella scelta dei partner perché ogni area vede un interlocutore diverso. In Brasile nella prima smart city sono 1800 le abitazioni che noi realizzeremo nei prossimi tre anni e considerato che un nucleo familiare è di 3,5 persone, arriveremo a breve intorno ai 7000 abitanti. Poi saranno realizzati altri lotti negli anni altri lotti successivi e si può stimare una popolazione interessata di 25 mila abitanti quando tutto sarà completato”.
Due aumenti di capitale cosi importanti nel giro di pochi mesi sono un dato significativo ed anche particolare per una start up quale voi dite di essere.
“Noi con i soci che c’erano nella fase in cui abbiamo lanciato l’iniziativa e con quelli che sono entrati adesso abbiamo un approccio da start up innovativa a tutti gli effetti. Abbiamo dimostrato cioè che il nostro concept è piaciuto agli investitori, ha saputo aggregare partner anche importanti sul panorama italiano, che hanno voluto partecipare a questo round. Siamo particolarmente contenti e pensiamo di aver fatto una cosa, che è rara perché raccogliere 34 milioni in poco meno di due mesi sicuramente non è facile. Inoltre, anche il mercato brasiliano ci ha dimostrato di capire il nostro prodotto immobiliare e abbiamo già venduto 3000 lotti diventando un case a tutti gli effetti in quel Paese. Certamente si può dire che l’ingresso dei nuovi soci e l’arrivo del presidente Stefano Buono ci ha portato a modificare il nostro approccio da start up italiana a quello di una da Silicon Valley a tutti gli effetti o quasi. Siamo andati, insomma, oltre ogni aspettativa rispetto a quello che avevamo in mente . Il nostro obiettivo è chiaro: creare luoghi e comunità più sostenibili a livello ambientale, economico e sociale ed anche il mercato sembra averlo compreso”.
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