Sempre meno e sempre più poveri i minorenni nel Belpaese, dove la spesa pubblica per istruzione e famiglia è tra le più basse d’Europa. Le diseguaglianze aumentano nelle periferie urbane, dove manca educazione, lavoro, perfino internet
La povertà assoluta in Italia colpisce 1,2 milioni di bambini e adolescenti e aumentano le diseguaglianze educative per chi cresce nelle periferie urbane. È la fotografia scattata dal IX Atlante dell’infanzia a rischio “Le periferie dei bambini”, realizzato Save the Children e pubblicato da Treccani, che sarà disponibile a breve nelle librerie italiane. L’infanzia è la vera periferia dell’Italia. I bambini e gli adolescenti sono sempre più ai margini della popolazione in termini demografici: nel 1987 erano il 23,2% del totale e oggi superano di poco il 16%, a fronte degli over 65 che sono cresciuti dal 12,6% al 21,2%. I minori si ritrovano ai margini dello spazio pubblico: 94 bambini su 100 tra i 3 e i 10 anni non hanno modo di giocare in strada, solo 1 su 4 trova ospitalità nei cortili, e poco più di 1 su 3 ha la fortuna di avere un parco o un giardino vicino a casa dove poter giocare. E anche ai margini della politica: la crisi economica ha tagliato la voce istruzione e università dal 4,6% sul pil del 2009 al 3,9% del 2015-16. Una forbice in negativo con l’Europa si riscontra sui fondi per ‘famiglia e minori’, fermi in Italia ad un esiguo 5,4% della spesa sociale, contro l’11% di Germania, Regno Unito e Svezia e ben al di sotto della media UE attestata all’8,5%.
La geografia della povertà minorile: periferie ai margini di tutto
I minori in Italia sono soprattutto, e sempre di più, ai margini della ricchezza, se si considera che la povertà assoluta riguarda il 12,1% di loro, non fa distinzioni tra bambini e adolescenti (12,4% fino a 3 anni, 11,4% da 4 a 6 anni, 12,3% 7-13 e 11,8%14-17) e pesa sul quotidiano di 702.000 famiglie con minori (10,9%). La povertà relativa riguarda 1 minore su 5 e, a conferma di un trend negativo, chi ha oggi meno di 17 anni ha una probabilità di diventare povero cinque volte più alta rispetto ai propri nonni. Il rapporto di Save The Children evidenzia che quasi 3,6 milioni di bambini e adolescenti vivono nelle 14 principali aree metropolitane del Paese e crescono spesso in zone o quartieri che si possono definire periferie, non solo rispetto alla distanza dal centro città, ma in base ai deficit urbanistici, funzionali o sociali dei territori. Sono ad esempio ‘periferie funzionali’ i quartieri dormitorio, svuotati di giorno per effetto dei grandi flussi pendolari verso i luoghi di lavoro, privi di opportunità e povere di relazioni sociali. Secondo questo criterio, a Roma e Genova vivono in aree ‘periferiche’ il 70% dei bambini al di sotto dei 15 anni, e a Napoli e Palermo il 60%, numero che scende al 43% a Milano e al 35% a Cagliari. Più in generale, quando bambini e adolescenti delle città più densamente popolate si guardano intorno, 259.000 (l’11,8%) vedono strade scarsamente illuminate e piene di sporcizia, non respirano aria pulita e percepiscono un elevato rischio di criminalità.
Diseguaglianze enormi, anche all’interno della stessa città, tra quartieri ricchi e poveri
Chi vive nelle periferie degradate, inoltre, ha meno possibilità di ricevere una buona formazione scolastica rispetto a chi risiede in quartieri migliori. Il divario all’interno di una stessa città è sconcertante. A Napoli, i 15-52enni senza diploma di scuola secondaria di primo grado sono il 2% al Vomero e quasi il 20% a Scampia, a Palermo il 2,3% a Malaspina-Palagonia e il 23% a Palazzo Reale-Monte di Pietà, mentre nei quartieri benestanti a nord di Roma i laureati (più del 42%) sono 4 volte quelli delle periferie esterne o prossime al GRA nelle aree orientali della città (meno del 10%). Ancora più forte la forbice a Milano, dove a Pagano e Magenta-San Vittore (51,2%) i laureati sono 7 volte quelli di Quarto Oggiaro (7,6%).
Differenze sostanziali tra una zona e l’altra riguardano anche i NEET, ovvero i ragazzi tra i 15 e i 29 anni che non studiano più, sono senza lavoro e non sono inseriti in alcun circuito di formazione: nel capoluogo lombardo, in zona Tortona, sono il 3,6%, meno di un terzo di quelli di Triulzo Superiore (14,1%), mentre a Genova sono 3,4% a Carignano e 15,9% a Ca Nuova, e a Roma 7,5% Palocco e 13,8% a Ostia Nord. Anche i dati tratti dai test Invalsi testimoniano il divario nell’apprendimento scolastico. A Napoli, ad esempio, una distanza siderale di 25 punti Invalsi divide i bambini dei quartieri più svantaggiati da quelli che abitano a Posillipo, a Palermo sono 21 quelli tra Pallavicino e Libertà, a Roma 17 tra Casal de’ Pazzi e Medaglie d’Oro, e a Milano 15 punti dividono Quarto Oggiaro da Magenta-San Vittore.
I minori che non hanno l’opportunità di navigare su Internet nel Mezzogiorno si concentrano nei capoluoghi delle grandi aree metropolitane (36,6%), e vivono spesso nelle famiglie con maggiori difficoltà economiche (38,8%), così come, nelle stesse zone, i bambini e adolescenti che non svolgono attività ricreative e culturali raggiungono il 77,1%.