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Luigi Adorni, investito e ucciso vent’anni fa in provincia di Milano: una sentenza dà finalmente ragione alla famiglia

Il presidente dell'AIFVS, Alberto Pallotti: «Finalmente vediamo giustizia»

«Ci sono voluti vent’anni e una tenacia non comune da parte della famiglia. Ma, alla fine, anche per la
morte di Luigi Adorni siamo riusciti a ottenere un po’ di giustizia». Così Alberto Pallotti, presidente
dell’Associazione Italiana Familiari e Vittime della Strada AIFVS, al termine del processo civile di secondo
grado per la morte del ventunenne travolto da un’auto a Truccazzano, vicino Milano, il 9 novembre del
2002.
Quella mattina, intorno alle 5.40, Luigi Adorni stava camminando lungo la strada provinciale che conduce
ad Albignano, quando una macchina proveniente dal senso opposto di marcia lo ha travolto.

«Per vent’anni», spiega l’avvocato Matteo Tirozzi, legale dell’Associazione Italiana Familiari e Vittime della
Strada AIFVS, che ha difeso i familiari del giovane, «la famiglia di Luigi Adorni ha chiesto giustizia
inutilmente. Nonostante due sentenze sfavorevoli nel processo penale di primo e secondo grado, e
nonostante che anche il giudice civile di primo grado avesse ritenuto il povero ragazzo unico responsabile
dell’accaduto, i familiari di Luigi non si sono mai arresi. Oggi finalmente, al processo civile di secondo grado,
il giudice ha riconosciuto parzialmente un concorso di colpa per l’investitore. È un risultato positivo, in
quanto almeno in parte la famiglia ha ottenuto giustizia. Inoltre, il giudice ha cancellato la condanna alle
spese legali che il Tribunale di Milano aveva purtroppo imposto ai familiari del ragazzo. Si parla di importi
davvero ingenti. Per questo tutti noi siamo molto soddisfatti di questo risultato, che arriva grazie al nostro
impegno e soprattutto grazie al fatto che la famiglia di Luigi Adorni non ha mai accettato di piegarsi
all’ingiustizia».

«Il caso di Luigi Adorni», spiega Alberto Pallotti, «dimostra quanto sia importante la lotta congiunta di
familiari e associazioni. A fare la differenza è stata certamente la grande forza della famiglia, che noi come
associazione abbiamo sostenuto fin dal primo momento. Il fratello di Luigi, Daniele, è anche diventato
responsabile dell’AIFVS per la Lombardia. Insieme siamo riusciti a ottenere un risultato che non ha
precedenti, perché stiamo parlando di un caso che risale a 20 anni fa e per il quale un numero importante
di avvocati non era riuscito a fare nulla. Oggi finalmente un giudice ha riconosciuto che Luigi Adorni non è
morto da solo perché camminava in mezzo alla strada fischiettando: Luigi Adorni è stato ucciso ed è stato
ucciso da qualcuno. Invito i familiari delle vittime della strada a rivolgersi alle associazioni di categoria, sia
perché solo una vittima può comprendere un’altra vittima e sia perché è sempre meglio non rimanere da
soli nella lotta per la giustizia».

Commosso è soddisfatto Daniele Francini, 34 anni, fratello di Luigi Adorni e referente locale
dell’Associazione Italiana Familiari e Vittime della Strada.
«Dopo 20 anni finalmente questa sentenza porta un po’ di sollievo al nostro dolore», dice, «è un risultato
importante per il nostro cuore dolorante. Oggi è arrivato un segnale che la giustizia, anche se poca, in Italia
c’è. Sono contento di non aver mollato, di avere continuato a lottare nonostante tutto quello che è

accaduto in questi anni. Quando mio fratello è morto, io ero piccolissimo. Poiché eravamo orfani di padre,
lui faceva nei miei confronti le veci di papà. Mia mamma, vedova, si era rifatta una famiglia. Siamo nati mio
fratello Cristian, mia sorella Emanuela e io, il più piccolo, ma anche il più ribelle».
«Mio fratello Luigi amava camminare e spesso la mattina presto usciva da solo», racconta Daniele Francini,
«accadde anche il giorno che è morto. Quella mattina si stava recando da Albignano verso Truccazzano,
mangiando una mela. Un’auto proveniente da Cassano d’Adda lo investì, sbalzandolo sul ciglio della strada.
Quando arrivarono i soccorsi, mio fratello era gravissimo. Per lui non ci fu nulla da fare, morì durante il
trasporto verso l’ospedale. È iniziata così una vicenda processuale lunga vent’anni, durante i quali non sono
mancati lati oscuri. Come quando il pm smascherò un testimone che stava dichiarando il falso sostenendo
che mio fratello camminava in mezzo alla strada. O quando il conducente, finalmente interrogato dopo
circa quattro anni di udienze, disse davanti al giudice che, dopo l’impatto, aveva pensato di avere investito
un cane. O addirittura quando i suoi avvocati insinuarono che mio fratello potesse essere ubriaco e
chiesero di riesumare il corpo. Eppure, le autopsie effettuate subito dopo l’incidente avevano dimostrato
che mio fratello aveva bevuto solo una birra. Poi il dolore più grande: il conducente assolto perché il reato
non sussiste. Mia madre che fa appello, la sentenza di secondo grado che conferma l’assoluzione.
Intanto, io e mia sorella siamo diventati maggiorenni e abbiamo deciso, prima io e poi lei, di costituirci
come parti civili. Ci è stata riconosciuta una somma irrisoria, quasi a volerci dare un contentino. Per noi, un
dolore immenso. Come si può dare il prezzo a una vita?».
«Quando mio fratello è morto ho promesso che gli avrei fatto avere giustizia», continua Daniele Francini,
«per questo in tutti questi anni non ho mai mollato. Mi sono rivolto all’Associazione Italiana Familiari e
Vittime della Strada, di cui adesso faccio parte. Ho fatto manifestazioni, iniziative. Ho portato avanti questa
battaglia aiutato dalla mia famiglia e dall’associazione capitanata dal presidente Alberto Pallotti e dal
vicepresidente Biagio Ciaramella. Ma non è stato facile arrivare fin qui. A un certo punto, quando mia
madre si è rivolta alla Corte di Cassazione contro la sentenza di secondo grado che aveva assolto l’assassino
di mio fratello, i giudici di Roma hanno ancora una volta dato ragione al conducente, obbligandoci a pagare
tutte le spese processuali. E subito è partita la richiesta di pagare. Eravamo dilaniati dal dolore, devastati
dalle tante spese affrontate per portare avanti i processi e ora rischiavamo anche un pignoramento.
Ricordo che tutti mi dicevano di mollare, di lasciare stare. Ma io avevo fatto una promessa a Luigi, e ho la
testa dura. Ho ripensato a quando lui mi portava al luna park ed ero felice. E finalmente oggi è arrivata la
sentenza che ci dà parzialmente ragione annullando tutte quelle che l’hanno preceduta e ritenendo il
conducente in parte colpevole dell’accaduto».
«Oggi parlo da fratello della vittima ma anche come rappresentante dell’Associazione Italiana Familiari e
Vittime della Strada», continua Francini, «continueremo a lavorare sui territori in modo che non accadano
più tali tragedie. A tutti quelli che si trovano ad affrontare vicende come la mia, ribadisco che io e tutte le
persone che fanno parte dell’AIFVS siamo sempre pronti ad ascoltavi e aiutarvi. Oggi ho pianto tanto.
Questa sera ho alzato gli occhi al cielo e magicamente è pieno di stelle. Mi è sembrato di vederne una che
brillava più delle altre ed è sparita nel nulla. Ho espresso un desiderio, ma per ora non posso rivelarlo.
Posso dire soltanto che vorrei che le stelle brillassero sulla terra e non più soltanto in cielo».

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