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Luoghi comuni sui luoghi di culto

Sovente capita di incorrere in articoli dove si fa un uso scorretto di informazioni concernenti le attività commerciali che girano intorno ai luoghi di culto. Di recente è accaduto per la realtà di San Giovanni Rotondo. In ogni luogo dove si concentrano turisti o pellegrini sorgono spontaneamente alberghi, ristoranti e rivendite di souvenir, come risposta imprenditoriale a una domanda, che nasce proprio dai turisti e dai pellegrini stessi.

Essi non sono costretti a spendere, così come la sopravvivenza degli esercizi commerciali, pur essendo un pilastro importante dell’economia locale, non è imposta né dai frati né dall’amministrazione comunale, ma è sottoposta alla legge di mercato della domanda e dell’offerta.
Cosa c’è di scandaloso se, da queste attività, possono vivere dignitosamente e onestamente centinaia di famiglie, in un Mezzogiorno in cui imperversano disoccupazione e criminalità organizzata? È utile ricordare che i frati fanno voto di povertà, per cui non possono possedere nulla.

Ciò che hanno non è personale ma della comunità a cui appartengono e viene dato in uso a ciascuno sulla base delle necessità legate all’incarico ricoperto; tra l’altro gli incarichi non sono mai a vita e quelli di maggiore responsabilità durano al massimo per sei anni. Di conseguenza le offerte che ricevono e i proventi delle varie attività commerciali che gestiscono servono a sostenere numerosi servizi e opere di carità:
1) la Provincia religiosa di Sant’Angelo e Padre Pio di cui fanno parte i conventi di San Giovanni Rotondo e di Pietrelcina gestisce, presso il Convento dell’Immacolata di Foggia, una mensa dei poveri che ogni giorno assicura un pasto caldo a circa 200 indigenti; a tale mensa è collegata anche una struttura ricettiva denominata “Casa Papa Francesco”, che ha sede a San Giovanni Rotondo, costituita da quattro mini-appartamenti in cui vengono ospitate gratuitamente le famiglie indigenti dei pazienti ematologici che devono effettuare le terapie presso Casa Sollievo della Sofferenza; inoltre la Provincia ha una missione in Ciad, uno dei Paesi più poveri della terra, alla quale assicura le risorse necessarie per l’attività pastorale, ma anche il finanziamento di opere sociali per dare alle popolazioni le condizioni minime di vita civile, come pozzi artesiani di acqua potabile per prevenire gravi malattie infettive gastroenteriche o come le zanzariere alle finestre, che costituiscono la più efficace forma di prevenzione per la dilagante malaria; tra l’altro uno dei frati, Rosario Pio Ramolo, è stato nominato dal 1999 vescovo della diocesi ciaddiana di Goré, sostenuta economicamente sempre dalla Provincia religiosa;
2) la Fondazione “San Pio da Pietrelcina” garantisce il buon funzionamento delle attività di accoglienza del Convento di San Giovanni Rotondo, quali guide, informazioni, prenotazioni Messe, vigilanza, pulizie e molte altre iniziative a servizio dei fedeli, impiegando circa 200 dipendenti, tutti assunti con regolare contratto di lavoro;
3) la Fondazione “Voce di Padre Pio” si occupa delle iniziative editoriali relative al Santo, quali la pubblicazione dell’omonima rivista, la stampa di libri (scritti anche da un testimone diretto della
santità del Cappuccino stigmatizzato, padre Marciano Morra), l’editoria televisiva la cui programmazione da settembre 2019 verrà trasmessa anche negli Stati Uniti attraverso una Piattaforma IP, impiegando complessivamente circa 85 dipendenti, tutti assunti con regolare contratto di lavoro;
4) la Fondazione “Centri di riabilitazione Padre Pio Onlus” gestisce una serie di centri di riabilitazione all’avanguardia dal punto di vista tecnologico e della qualificazione del personale sanitario, unica in Italia nel suo genere, sopperendo ad una cronica carenza di servizi riabilitativi nell’intero Sud Italia, nella quale sono impiegati circa 500 dipendenti, tutti assunti con regolare contratto di lavoro;
5) si specifica, infine, che i conventi dei frati risalgono quasi tutti al XVI secolo e, pertanto, periodicamente necessitano anche di importanti e costosi interventi di manutenzione e ristrutturazione.

Consistenti offerte, eredità e lasciti giungono anche a Casa Sollievo della Sofferenza, l’ospedale fondato da Padre Pio, da lui lasciato in eredità alla Santa Sede, che lo gestisce attraverso un Consiglio di Amministrazione nominato dalla Segreteria di Stato vaticana.

Le entrate accessorie rispetto agli introiti per le prestazioni sanitarie erogate vengono utilizzate per:

1) prolungare, ove necessario, le degenze rispetto ai DRG;
2) ricoverare pazienti provenienti da Paesi poveri, in cui non esiste un sistema sanitario che copra le spese di degenza e, all’occorrenza, ospitare gratuitamente in strutture ricettive uno o più parenti di tali ricoverati;
3) acquistare apparecchiature diagnostiche o terapeutiche di ultima generazione, per garantire agli ammalati ricoverati o che si sottopongono a indagini cliniche o a terapie ambulatorialmente le prestazioni più avanzate con la minor quantità di effetti collaterali, per es. radiazioni;
4) finanziare la ricerca scientifica, che ha determinato la scoperta di diversi geni responsabili o corresponsabili di alcune patologie e la sperimentazione di nuove terapie, come quella già avviata per la cura della Sclerosi Laterale Amiotrofica inoculando nel midollo spinale cellule staminali, prodotte con metodi compatibili con la bioetica.

Tutto ciò, tra l’altro, avviene in sintonia e in continuità con la missione di carità avviata dallo stesso Padre Pio. Si legge, infatti, nel libro La misericordia in Padre Pio, scritto dal dott. Stefano Campanella: «Molti […] pellegrini, con la prospettiva di ottenere un miracolo per intercessione di quel religioso privilegiato dal Signore, lasciavano offerte, anche consistenti, nelle sue mani piagate. Con questa disponibilità Padre Pio poteva fare molto di più per i miseri, verso cui provava compassione. Ma era vincolato dal voto di povertà. Per questo scrisse al suo ministro
provinciale, padre Benedetto da San Marco in Lamis, e gli chiese: “Se venisse presentato a noi religiosi una somma qualsiasi da persona secolare coll’espressa volontà di questa di adoperarla come meglio si giudica in coscienza per il suo maggior bene, per la gloria di Dio e per sollievo del
prossimo, è contrario alla nostra regola se il religioso, a cui è presentata detta offerta nei termini suddetti, impiegasse tale offerta secondo quello che meglio crede e giudica in coscienza?”. A stretto giro, padre Benedetto rispose: “È lecito distribuire ai poveri le offerte avute a tale scopo, perché in ciò si esegue semplicemente la volontà dei danti e in nessun modo si esercita il dominio. Sarebbe imputabile ricevere denaro senza che i danti esprimessero in nessun modo lo scopo; ma quando ne determinano l’uso, sia pure in modo disgiuntivo, allora non vi è offesa dei nostri doveri, perché è usarlo nell’ambito dei loro desideri”» (pp. 135-136). Così nacquero diverse opere sociali finanziate dal mistico Cappuccino.

Anche il novantenne, già citato, padre Marciano Morra, che è vissuto per diversi anni con Padre Pio, è convinto che «il vero santo, come dovrebbe fare ogni autentico cristiano, ha la mente al cielo ma lo sguardo rivolto verso la terra, per vedere le difficoltà e le necessità dei nostri fratelli che condividono con noi la vita terrena».

«Non possiamo dimenticare – aggiunge – che Gesù ci ha lasciato un comandamento unico e inscindibile: ama Dio e ama il prossimo. Dobbiamo imparare che la preghiera senza la carità è sterile, così come la carità senza la preghiera perde il suo senso originario. L’intera esistenza di Padre Pio e la sua spiritualità si sono basate sull’una e sull’altra e così ci sforziamo di vivere noi, suoi confratelli, cercando di imitare il suo esempio. Questa è la realtà che chiunque può constatare e, a chi non la vuole vedere, posso solo ripetere quanto scrisse san Paolo a Tito (capitolo 1, versetto 15), resa celebre dal Manzoni: “Omina munda mundis”, cioè “Tutto è puro per chi è puro”».

Quindi alla luce di quanto suddetto riteniamo di poter dire a gran voce che bisogna fare un uso corretto della buona informazione e della buona comunicazione circa le attività commerciali che sorgono a San Giovanni Rotondo e non solo, evitando di scambiare il lucro con la carità che sgorga dalla fede.

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