(ANSA) – PALERMO, 09 GIU – “Quando ho letto i nomi dei 25 funzionari del gruppo d’indagine sulle stragi Falcone e
Borsellino ho pensato: come si fa ad affidare un’indagine sulla
strage di via D’Amelio dove viene ucciso un procuratore aggiunto
e 5 agenti della polizia di Stato a persone che non sanno nulla
di mafia che non hanno un’esperienza lunga di lavoro della
criminalità organizzata? L’ex capo della mobile palermitana che
poi fu messo a capo di quel gruppo, Arnaldo La Barbera, sarà
stato un ottimo funzionario di polizia ma di mafia ne sapeva
meno di mia madre che quando l’andavo a trovare a Napoli mi
diceva: qualche giorno mi devi spiegare questa mafia che sta in
Sicilia”. Lo ha detto l’ex numero 2 del Sisde Bruno Contrada,
per anni ai vertici degli uffici investigativi siciliani,
sentito dalla commissione regionale Antimafia che indaga sui
depistaggi delle indagini sulla strage di Via d’Amelio.
“A Firenze o ad Arezzo o a Bergamo si può mandare a fare il
capo della squadra mobile uno che non ha mai fatto polizia
giudiziaria, che non ha esperienza di anni e anni di lavoro con
i criminali mafiosi. Ma non in Sicilia” ha aggiunto.
“La mattina del 20 luglio ’92 – ha anche detto – mi telefonò
Sergio Costa, genero del capo della polizia di allora, Vincenzo
Parisi, che mi disse ‘Parisi desidera che lei prenda contatti
con il procuratore di Caltanissetta Giovanni Tinebra per la
strage di Borsellino’. E io in quel momento seppi che il
procuratore di Caltanissetta si chiamava cosi. Ma dopo che lo
incontrai mi chiesi : come fa Tinebra a condurre un’inchiesta
così importante?”. (ANSA).
Fonte Ansa.it