Va bene dare segnali anti-casta, ma i 21 milioni relativi a un solo sequestro operato dal Nucleo Polizia Economico-Finanziaria di Palermo dimostrano che l’anti-mafia è più redditizia. I soldi di Cosa nostra per ridurre il debito di Casa nostra
Beni per un valore complessivo di quasi 21 mln sono stati posti sotto sequestro dai finanzieri del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Palermo, su delega della Procura . Si tratta di tre complessi aziendali, oltre che 66 immobili (fra cui una villa di pregio con piscina panoramica, appartamenti e terreni), 19 autoveicoli, 36 rapporti bancari e 5 polizze vita, riconducibili a Pietro Formoso, già sorvegliato speciale con obbligo di soggiorno e con precedenti penali per reati contro il patrimonio e la persona. Più collaboratori di giustizia lo hanno indicato come “uomo d’onore” della famiglia mafiosa di Misilmeri (Pa), legato da stretti vincoli di amicizia con l’allora capo del mandamento Benedetto Spera. Inoltre, gli stessi hanno riferito come Formoso avesse una consistente capacità economica, conseguita grazie ai profitti illeciti derivanti dalle attività criminali poste in essere soprattutto nel traffico di sostanze stupefacenti. Il 5 aprile di quest’anno, Pietro Formoso è stato arrestato per “associazione a delinquere di tipo mafioso”, al termine di indagini coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo ed eseguite dalla Guardia di Finanza e Carabinieri di Palermo e Bagheria.
Le investigazioni svolte dal GICO di Palermo, coordinate dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Palermo, hanno così permesso di evidenziare come Formoso si sia avvalso di prestanome ai quali ha fittiziamente intestato due compendi aziendali operanti nel settore della commercio all’ingrosso di carne ed un’impresa attiva nel comparto delle vendite di fabbricati e terreni, oltre che un vastissimo patrimonio immobiliare e finanziario.
Gli accertamenti patrimoniali ora condotti sono il frutto, oltre che delle tradizionali attività di ricostruzione dei patrimoni illecitamente accumulati dalla criminalità organizzata, di approfondimenti in materia tributaria e di repressione dei fenomeni di riciclaggio. Le investigazioni svolte dal Gico di Palermo, coordinate dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Palermo, hanno così permesso di evidenziare come Formoso si sia avvalso di prestanome ai quali ha fittiziamente intestato due compendi aziendali operanti nel settore della commercio all’ingrosso di carne ed un’impresa attiva nel comparto delle vendite di fabbricati e terreni, oltre che un vastissimo patrimonio immobiliare e finanziario.
Le aziende sequestrate nel settore delle carni sono la ditta individuale “Zar Carni” e la “Zar Carni S.r.l.”, divenute leader nel commercio all’ingrosso di questi prodotti, intestate formalmente a Stefano Zarcone, ritenuto prestanome di Formoso. Quest’ultimo ha esercitato la propria influenza sulle dinamiche imprenditoriali anche attraverso il proprio figlio Antonio (detto Alessandro), formalmente assunto come dipendente con mansioni di contabile. Le analisi documentali effettuate durante le indagini hanno, in particolare, permesso di collegare temporalmente le fortune economiche delle aziende ad insegna “Zarcarni” alle iniezioni di capitali freschi provenienti dai traffici illeciti perpetrati da Formoso e all’inserimento delle stesse – che sembravano essere piccole realtà economiche ormai in grave crisi – nel novero delle imprese vicine a “cosa nostra”.
Sul versante immobiliare è stata sequestrata la “Arcuri Immobiliare S.r.l.”, formalmente intestata a Davide Arcuri, anch’egli ritenuto essere un prestanome di Pietro Formoso. Le tre società sottoposte a sequestro sono state già affidate ad un amministratore giudiziario nominato dal Tribunale di Palermo, il quale già da oggi gestisce le aziende nell’interesse della collettività, dei clienti, dei fornitori e dei dipendenti.
Fonte: AGI