Ma di ossa umane. Sembra un tuffo nel passato, e non è cambiato niente. Palazzi “extraterritoriali” dove nessun fisco e nessuna giustizia (umana) possono indagare. Papi scomodi morti misteriosamente, cui non si farà mai l’autopsia…
… prelati che vivono come principi (pur predicando in pubblico la povertà “franceschina”) e negano pervicacemente la realtà, addirittura l’esistenza di archivi, e rifiutano qualsiasi possibilità di accesso per i comuni mortali a verità da loro tenute accuratamente segrete… Se Papa Francesco ha davvero detto al fratello di Emanuela Orlandi “Emanuela è in paradiso”, parli, Gesù benedetto (Quello di cui dovrebbe essere il vicario), dica ciò che sa! Se basta conoscere un prelato per imbucare allo Ior valigette di denaro sporco in conti anonimi intoccabili che mai nessuno potrà decriptare, se varcato il Portone di Bronzo si entra in un paradiso fiscale e in una Svizzera de noantri dove si trovano tutte le specialità medicinali più rare, naturalmente a caro prezzo, se lì dentro l’Iva sui prodotti di lusso non esiste e basta sempre conoscere il solito prelato per poter accedere al famoso “Magazzino Tessuti” del Governatorato e comprare senz’Iva generi di prima necessità per miliardari (Rolex, cashmere pregiati, oggettistica di lusso di ogni genere, abbigliamento “de firma”), se nelle cripte giacciono pontefici morti misteriosamente, eviscerati, imbalsamati e a prova di autopsia per l’eternità…e se invece, al di qua del Portone di Bronzo (richiamo evidente alle facce di certi principi della Chiesa di cui sopra, che un tempo lucravano indulgenze e oggi trafficano in affari&finanza, sempre però in nome e scorno dei poveri) ci sono palazzi extraterritoriali dove ogni tanto affiorano ossa umane come un tempo affioravano quelle dei neonati nei conventi femminili … perché, allora, ci si intorta quotidianamente con uno storytelling di povertà, carità e vita sobria che fa ridere i polli? Il Medioevo è tra noi, e lotta contro di noi. E viene in mente quello che scrisse Roberto Calvi alla moglie pochi giorni prima di essere ripescato a Londra sotto il Ponte dei Frati Neri (toh!) “i preti non ci mettono niente ad ammazzarti perché pensano che comunque, se sei innocente, andrai in Paradiso”…
Da “La Verità”, Gianluigi Nuzzi
I resti umani ritrovati la settimana scorsa sotto il pavimento della Nunziatura di via Po sono compatibili con lo scheletro di una donna giovane di età apparente tra i 15 e i 20 anni. È questa la clamorosa indicazione che le autorità del Vaticano hanno ricevuto subito dopo i sopralluoghi seguiti alla scoperta delle ossa, tanto da spingerle a coinvolgere subito la procura di Roma nel suo massimo grado, ovvero il procuratore capo Giuseppe Pignatone.
Da qui l’ indiscrezione filtrata dalla gendarmeria – pare, almeno – alla giornalista dell’ Ansa che ha battuto la notizia. La scelta è stata fatta in Segreteria di Stato in dialogo con il capo della gendarmeria, Domenico Giani, e coordinandosi anche con monsignor Nunzio Galantino, dal giugno scorso al vertice dell’ Apsa, il dicastero della curia proprietaria di villa Giorgina.
La Nunziatura di Via Po (Foto Dagospia)
Galantino ha chiesto ai dipendenti di predisporre subito un dossier diviso in due parti: quella immobiliare, con la storia del cespite con annesse piantine, e quella riguardante la cronologia del personale civile che si è alternato in questi ultimi trent’anni in Nunziatura. A cominciare da chi ha lavorato nella portineria, avendo la disponibilità dei due locali seminterrati divisi da un muro dove gli operai, sotto 40 centimetri di terra, hanno ritrovato le ossa.
Altro interlocutore del segretario di Stato, Piero Parolin, su questo dossier è stato l’arcivescovo venezuelano Edgar Peña Parra, il monsignore che dallo scorso agosto ha preso il posto a palazzo Apostolico del neo cardinale Angelo Becciu, e che per Parolin segue le relazioni con l’Italia. Non può quindi sfuggire il fatto che la collaborazione mostrata – e soprattutto amplificata dal circuito mediatico vicino al Vaticano – è figlia di un vertice curiale assai diverso da quello che cestinò, solo nel 2016-17, un dialogo con la famiglia Orlandi. All’Apsa, ad esempio, all’ epoca c’era il cardinale Domenico Calcagno, conosciuto in curia più per il soprannome di «Rambo» – essendo un collezionista di armi da guerra – che per le sue omelie.
Vero è che siamo ancora lontani da quella ampia collaborazione, anzi totale, chiesta da sempre dalla famiglia di Emanuela e dall’avvocato che segue la vicenda, Laura Sgrò. Ancora sono custoditi negli archivi blindati i dossier sulla vicenda, eppure proprio monsignor Becciu, un anno fa, ne aveva addirittura smentito l’esistenza. Vero è – invece – che in Procura hanno la memoria lunga, e ben ricordano come mai in questi 35 anni ci sia stata una collaborazione fattiva.
A iniziare dalla risposta alle rogatorie via via presentate negli anni e rimaste inevase. Lo scenario invece sarebbe cambiato a partire dalla fine del 2011, quando si aprono diversi «corridoi diplomatici», addirittura instaurando una vera e propria trattativa, rilanciata in queste ultime ore da Pietro Orlandi, fratello di Emanuele, e anticipata per la prima volta nel film La verità sta in cielo del regista Roberto Faenza.
E che la trattativa ci sia stata viene parzialmente confermato anche da un elemento indiretto: l’avvocato di Renato De Pedis, l’avvocato Maurilio Prioreschi, venerdì scorso in diretta a Quartogrado ha ribadito che il Vaticano voleva spostare in fretta la salma del suo assistito, tanto che ricevette una telefonata da Giani che prometteva che la Santa sede avrebbe pagato direttamente le spese per una traslazione del corpo al cimitero del Verano a Roma. Un dettaglio che combacia con la presunta trattativa che vedeva la curia chiedere, appunto, il trasferimento di De Pedis da Sant’Apollinare.
Intanto, il lavoro per estrarre il dna ha subito l’attesa accelerata. Le analisi sono iniziate lunedì pomeriggio, quando gli agenti della polizia scientifica hanno aperto i sacchetti contenenti ossa e frammenti, tutti repertati per iniziare le diverse attività preparatorie. «I resti», afferma Gianni Arcudi, direttore della medicina legale dell’ Università di Tor Vergata, «non sembrano troppo degradati, anche se sono stati interrati in un terreno umido, ma lo sapremo con certezza solo dopo aver pulito le ossa».
I risultati definitivi arriveranno tra una settimana al massimo, ma già in questi giorni la Procura potrà contare su un primo ufficiale flusso informativo che andrà a confermare il sesso (appunto femminile) e la giovane età. Per comparare invece il dna di Emanuela Orlandi – già prelevato anni fa da un oggetto recuperato dalla casa della ragazza – con quello delle varie ossa, bisogna procedere all’estrazione da tutti i resti repertati.
Ora si apre un doppio scenario: se i resti sono di Emanuela, bisognerà capire chi li ha lì sepolti e quando, visto che negli anni Ottanta nulla emerse quando alcuni operai intervennero in quello scantinato. In caso contrario, dovesse trattarsi di un’altra donna, il giallo sarebbe altrettanto sconvolgente: chi è l’assassino e come ha potuto operare indisturbato nella Nunziatura del piccolo Stato?