«Urge interrogarsi sulle cause di questi gesti e lavorare tutti insieme, mettendo in campo le conoscenze della Psicologia affinché si possano migliorare le condizioni di lavoro di chi si occupa di tutelare la nostra sicurezza all’interno della comunità», sostiene il presidente ENPAP Felice Damiano Torricelli.
La notizia di una giovane militare che si è tolta la vita con la pistola d’ordinanza mentre era in servizio, riecheggia ancora. Le motivazioni sono ancora da accertare e richiederanno tempo, il suicidio è un fatto complesso, ma la dinamica dell’accaduto che vede l’utilizzo dell’arma di servizio si ripete. L’aumento dei suicidi tra i lavoratori delle Forze dell’Ordine, ha bisogno dell’attenzione da parte di tutti: nel quinquennio 2014-2019, secondo i dati dell’Osservatorio Nazionale Suicidi Forze dell’Ordine (ONSFO) dell’Organizzazione non Governativa Cerchio Blu, i suicidi tra i lavoratori delle Forze dell’Ordine sono stati 255. Di cui 28 nel 2017, 29 nel 2018 e 57 al 16 dicembre di quest’anno. Il 60esimo nel 2019, secondo gli ultimi dati dei sindacati militari: più di un caso a settimana. Data la gravità, i membri del Tavolo Tecnico istituito da ENPAP sulla sicurezza sul lavoro, sottolineano l’importanza di riflettere con urgenza su quanto è possibile fare per prevenire anche questi gesti drammatici.
«Chi opera nel mondo delle Forze dell’Ordine è sottoposto a stressor importanti, legati all’articolazione, all’organizzazione, alla delicatezza del lavoro interno alle Forze Armate», puntualizza Fabio Lucidi, preside della Facoltà di Medicina e Psicologia dell’Università “La Sapienza”, tra i membri del tavolo tecnico ENPAP per la sicurezza sul lavoro. E quali sono questi stressor? «Da una parte sono collegati alle richieste implicite alla vita militare, necessariamente caratterizzata da una elevata richiesta di impegno e da un basso livello di controllo interno all’individuo sulle scelte da compiere. Dall’altra, alle condizioni ambientali in cui questo lavoro si svolge, spesso in scenari estremamente complessi». Su questi aspetti c’è «una sempre maggiore consapevolezza da parte degli Organi preposti, ma le iniziative esistenti devono essere rafforzate. Sul piano delle azioni concrete dal Gabinetto del Ministro, dalla Sanità militare, dallo Stato Maggiore dell’Esercito si notano importanti segnali di attenzione al ruolo della Psicologia e al contributo scientifico e operativo che viene dalla nostra disciplina».
E, aggiunge il Presidente ENPAP Felice Damiano Torricelli, non dobbiamo dimenticare che «i livelli di tensione che vivono le donne e gli uomini in divisa sono cresciuti ancora di più negli ultimi anni. Anche a seguito delle trasformazioni che la nostra società sta attraversando, tra cui la riduzione del riconoscimento sociale di questi professionisti e la conflittualità sociale che si scarica sulle Forze dell’Ordine. Non ultimi, tra i fattori di stressor, ci sono alcune forme di precariato che toccano in maniera particolare i militari in ferma non permanente. C’è, poi, da non sottovalutare il rischio collegato al possesso di armi, e lo stigma che facilmente può colpire chi, tra le persone in divisa, chiede aiuto psicologico nei momenti di difficoltà». Senza contare che la condizione di grande tensione connessa alla richiesta di prestazioni sempre ottimali, aspetto che caratterizza la nostra epoca, alimenta ansie e preoccupazioni generalizzate in tutta la popolazione, le quali si sovrappongono a quelle collegate agli inciampi di ogni percorso personale.
Cosa è urgente fare per la tutela di questi lavoratori? «È necessaria grande attenzione, da parte di tutti: la sicurezza anche psicologica delle persone che svolgono il loro delicatissimo compito nelle Forze dell’Ordine tocca inevitabilmente il tema del benessere sul lavoro», sottolinea Felice Damiano Torricelli, Presidente ENPAP. «Con il lavoro del Tavolo Tecnico di ENPAP per la sicurezza sul lavoro, che incrocia quello di tanti Psicologi impegnati nella ricerca scientifica e nella interlocuzione con le istituzioni, vogliamo rappresentare che oggi è possibile mettere in piedi servizi efficaci di prevenzione psicologica, che sostengano in maniera professionale queste categorie di lavoratori. La grande maggioranza dei (pochi) Psicologi inseriti negli organici delle Forze dell’Ordine è impegnata prevalentemente in compiti – indispensabili – di valutazione nei concorsi per l’accesso. Questo, però, non basta: sarebbe necessario anche attivare o rafforzare Servizi Psicologici stabili per la prevenzione dei rischi peculiari che corrono le persone in divisa, Servizi che siano in grado di cogliere le difficoltà delle persone senza stigmatizzarle e di sostenerle affinché le superino», suggerisce il Presidente ENPAP. E, conclude Fabio Lucidi, «è opportuno porre in maggiore evidenza la funzione sociale di chi opera nelle Forze dell’Ordine. È necessario incrementare formazione e ricerca in questi ambienti, rafforzare l’azione di monitoraggio e sostegno delle eventuali difficoltà individuali o organizzative. In ciascuno di questi ambiti si nota uno sforzo, attraverso l’organizzazione di convegni sullo stress lavoro correlato in ambito militare come quello organizzato presso la Facoltà di Medicina e Psicologia in collaborazione con l’ispettorato generale della sanità militare, attraverso l’attivazione di Master come quello in Psicologia Militare e attraverso la azione dell’Ufficio di Psicologia e Psichiatria Militare».