Nel corso degli ultimi anni la letteratura scientifica ha individuato dei tratti psicologici tipici delle persone che sono spinte a credere alle fake news e che le condividono poi in rete ai loro colleghi o amici. Pensiero non riflessivo ma intuitivo, emotività elevata, dogmatismo, rabbia sono i tratti psicologici che possono descrivere meglio la persona che propende a credere di più a tali notizie.
Nell’ambito della collaborazione fra il laboratorio wavespace di Ernst & Young (EY) a Roma ed il gruppo di neuroscienze applicate di BrainSigns, startup della Sapienza, avente il prof. Fabio Babiloni come responsabile scientifico, è stato messo a punto un esperimento scientifico avente come scopo quello di caratterizzare i tratti psicologici di base come anche la percezione sensoriale di un gruppo di volontari giovani (intervallo di età 20-35 anni) durante la percezione di alcune notizie in rete. Il gruppo sperimentale ha visto 10 notizie su di un computer in successione casuale, di cui 5 vere e 5 falsificate apposta per l’esperimento. Prima della somministrazione delle notizie si sono stimati i tratti psicologici di coscienziosità, apertura mentale e stabilità emotiva dei partecipanti tramite un test remoto di associazione implicita (Implicit Association Test; IAT). I partecipanti osservando le notizie dovevano decidere se queste fossero vere oppure false. Durante tale attività di decisione, è stato possibile misurare quali parti della notizia venivano guardate di più ed è stato possibile misurare alcune emozioni quali sorpresa e perplessità provate durante la fruizione della notizia stessa. Queste misurazioni sono state ottenute impiegando le tecnologie di misura dell’attività oculare e di riconoscimento facciale disponibili nel laboratorio wavespace EY.
I risultati ottenuti hanno sottolineato come le persone nello studio che credevano alle fake news somministrate avevano dei tratti caratteristici psicologici più inclini al pensiero intuitivo che non riflessivo, al contrario del gruppo di controllo delle persone che classificavano correttamente le notizie fake come false. Inoltre, tali persone durante la fruizione delle notizie fake avevano dei moti di “sorpresa” maggiori del gruppo di controllo, così come avevano minore “perplessità” sempre rispetto al gruppo di controllo. Infine, sempre il gruppo di persone che credeva alle fake news nell’esperimento soffermava di più lo sguardo su elementi “emotivi” della notizia (in particolare le immagini) rispetto al testo scritto, contrariamente al gruppo di controllo. Questi risultati dell’esperimento suggeriscono che i fruitori di fake news hanno un livello di emotività più elevato del gruppo di controllo e adottano uno stile cognitivo più intuitivo che riflessivo.
Ne consegue che una metodologia pratica per limitare la diffusione delle fake news sarebbe quindi quella di “impedire” la condivisione immediata di notizie sulle diverse piattaforme, ritardandola ed invitando le persone ad una riflessione ulteriore prima della condivisione. In tal modo si potrebbe limitare l’influenza dell’emotività e stimolare un pensiero più critico verso la veridicità della notizia. Questa “riflessione ulteriore” potrebbe limitare, anche in accordo alla letteratura scientifica corrente, la condivisione di fake news in rete fino al 20%.
Fonte Ansa.it