Oggi pretende guanciale e pecorino; un tempo, a quanto risulta da alcune ricette che risalgono all’inizio degli anni ‘50, erano invece indispensabili pancetta e parmigiano. Ma è il futuro a lasciare un grosso punto interrogativo: manterrà i suoi ingredienti originali oppure abbraccerà nuove materie prime, da quelle vegetariane al tipo di pasta? Al centro del dibattito, naturalmente, c’è la carbonara: il condimento forse più famoso per il piatto più noto della tradizione culinaria italiana.
Il 6 aprile è il #CarbonaraDay. Ma dov’è nata la ricetta?
Il 6 aprile di ogni anno, dal 2017, ricorre il #CarbonaraDay, una sorta di festa laica per il piatto di pasta che tutti quanti associamo a Roma e alle sue osterie.
Giustamente, visto che l’immaginario collettivo riporta la carbonara alla Capitale; eppure l’origine del piatto potrebbe essere diversa.
La prima ricetta della carbonara appare infatti oltreoceano, nel 1952, su una guida illustrata dei ristoranti di un distretto di Chicago, negli Stati Uniti.
Come si arrivata in Illinois rimane un mistero, anche se forse ha a che fare con la teoria che vorrebbe far risalire il piatto a un incrocio italo-americano durante la Seconda guerra mondiale.
La storiografia, in questo caso, parla di un incontro tra la cucina del centro Italia e la razione K, il pasto per i soldati americani escogitato dal fisiologo Ancel Keys, che mise al mondo un’antesignana forma di spaghetto condito con tuorlo d’uovo in polvere e bacon.
L’italianità della ricetta sarebbe però testimoniata da alcuni passaggi precedenti, come il film del 1951 intitolato “Cameriera bella presenza offresi…” del regista Giorgio Pastinà, nel corso del quale l’attrice Elsa Merlini rivela di non saperla cucinare, rivendicando una maggiore esperienza nella preparazione dell’amatriciana.
Sui ricettari italiani la carbonara arriva solo nel 1954
Bisogna attendere un paio d’anni per trovare la ricetta stampata sulle riviste italiane: accade nel 1954 quando La cucina italiana propone gli spaghetti alla carbonara: niente guanciale e pecorino, però, quanto piuttosto pancetta, gruviera e aglio.
Pochi mesi più tardi Alberto Moravia include il piatto nel racconto “Il pensatore” della raccolta Racconti Romani. Eccola, finalmente, la Capitale.
Sono gli anni ‘50, il piatto si diffonde nelle cucine romane: è il momento in cui la carbonara divide l’opinione pubblica sue due orientamenti.
“Uno popolare – spiega Eleonora Cozzella nel libro intitolato ‘La carbonara perfetta, Origine ed evoluzione di un piatto culto’ – dove veniva realizzata solo con pancetta o guanciale, formaggio e uova. L’altro, per così dire, borghese, tipico della cucina delle famiglia-bene, dove le donne amavano partire da una base di soffritto di cipolle e sfumare con vino bianco”.
Il piatto culto si trasforma: ognuno aggiunge qualche ingrediente, rivede la carbonara a modo proprio: compare persino la panna.
“Ebbe un ruolo importante, tanto da comparire negli anni ‘60 come ingrediente nei manuali di Luigi Carnacina, a cura di di Luigi Veronelli”, prosegue Cozzella.
Spaghetti ma non solo: la carbonara tra presente e futuro
Il guanciale, secondo alcuni, si afferma nella ricetta soltanto a partire dalla fine dello scorso millennio.
Oggi è il must, anche se la crema di uova, pecorino, sale e pepe che accompagna la guancia di maiale non è più appannaggio soltanto della pasta.
Si usa per condire pizza, bruschette, supplì e arancini, oltre alle varianti che la vedono su tonnarelli, bucatini e linguine, mezze maniche e rigatoni, anche integrali.
Pasta alla carbonara: in Francia e in Belgio si usa la panna al posto del pecorino. Una recente video-ricetta transalpina mostrava pasta cotta per 15 minuti nella stessa pentola con cipolla, uovo crudo e pancetta – (la denuncia del Dossier Coldiretti)
L’attrazione verso la carbonara, sotto ogni forma, resta comunque intatta: lo segnala anche Just Eat, il servizio di consegna a domicilio, che certifica 6 mila chili di pasta ordinata dai suoi utenti nel 2018.
A guidare la classifica delle città più golose c’è Roma, inseguita a distanza da Bologna e Milano, con Catania e Genova in forte crescita.
Un piatto insomma che mette d’accordo l’intero Stivale, che unisce le tradizioni e si presta addirittura alle rivisitazioni, con buona pace dei puristi: ritocchini firmati dai grandi chef, certo, ma anche dagli studenti universitari che la reinventano con ingredienti vegetariani e, semplicemente, con quello che avanza nel frigorifero.
Il destino di una ricetta da sempre aperta alle sperimentazioni.
Se avete correzioni, suggerimenti o commenti scrivete a dir@agi.it.
Se invece volete rivelare informazioni su questa o altre storie, potete scriverci su Italialeaks, piattaforma progettata per contattare la nostra redazione in modo completamente anonimo.