Sette coppie sposate eterosessuali quella bambina non l’hanno voluta. L’ottavo, un single, sì. Luca Trapanese è andato oltre certe barriere mentali e ha sottolineato: “Un figlio disabile non è una opportunità di serie b, ma una scelta consapevole”
Sette coppie sposate eterosessuali quella bambina non l’hanno voluta. L’ottavo, un single, sì. E si tratta di una bambina speciale perché affetta da sindrome di Down. Eppure sette coppie hanno detto no. L’adozione di un figlio comporta rischi e difficoltà. Ma Luca Trapanese ha “superato” queste sette coppie, alle quali è difficile imputare chissà quali colpe: solo che Luca è andato oltre.
La piccola non era riconosciuta dalla madre che l’aveva partorita in anonimato. Era quindi stata dichiarata adottabile alla nascita dal Tribunale dei Minori di Napoli ma non si è trovato nessuno che la volesse fra le famiglie che erano in lista. Scorrendo la graduatoria si è quindi arrivati a una persona single che aveva avanzato la sua richiesta di accudire un disabile, senza avanzare alcuna condizione. Così è stato e, come racconta Il Corriere della Sera, Luca Trapanese ha accolto la piccola Alba quando aveva solo sette giorni: «Un figlio disabile non è una opportunità di serie b, ma una scelta consapevole rispetto alla mia vocazione e alle mie capacità». Occhi azzurri e capelli biondissimi, Alba oggi ha 18 mesi. Trapanese ha dovuto attendere il trascorrere di un periodo di prova e al compimento del primo anno della sua piccola l’ha potuta adottare. Un percorso che ora questo padre single racconta in un libro in uscita per Einaudi, Nata per me, scritto a quattro mani con Luca Mercadante.
Alla vigilia dell’arrivo in libreria, il papà quarantenne anticipa la sua storia al «Corriere del Mezzogiorno». Nessuna paura di prendersi una così grande responsabilità? «No, non avevo nessuna paura di adottare un bambino disabile. Era un’idea maturata in passato, con il mio compagno Eduardo, dal quale poi però mi sono separato. In realtà prima pensavamo di ricorrere a una madre surrogata, poi capimmo di poter dare un’opportunità a un bambino difficile da collocare. Da quando avevo 14 anni faccio volontariato e lavoro con disabili e quindi ritenevo di avere gli strumenti adatti per farlo. Dopo la separazione con il mio compagno, è stata l’opzione che per me ha prevalso. Così ho fatto richiesta nel registro speciale che consente ai single di adottare in condizioni particolari».
Intanto, una pioggia di critiche contro norme «vecchie e ottuse» arriva da Aurelio Mancuso, presidente di Equality Italia: «Se sei single in Italia non puoi adottare, visto che la legge in vigore prevede che all’istituto possano accedere solo le coppie etero sposate. Però se, come è accaduto per questa bambina down di Napoli, ben sette famiglie rifiutano di prendersi cura di te, allora scatta la possibilità dell’adozione speciale prevista dalla normativa per casi particolari. In questa vicenda emerge tutta la crudeltà di una legge che non pone al centro il diritto dei bambini a poter crescere grazie a figure genitoriali dedicate».
Dopo il lavoro istruttorio da parte della Commissione Giustizia della Camera, che proponeva l’apertura delle adozioni alle persone single e alle coppie omosessuali, «tutto è stato insabbiato, con buona pace dell’ipocrita retorica italiana sulla tutela dei bambini», conclude Mancuso. In effetti l’ipocrisia è evidente: se un single può accudire un bambino “difficile”, perché non dovrebbe essere in grado di farlo con uno “facile”?
In Italia evidentemente è ancora eretto un “muro” che divide le persone cosiddette normodotate da quello con disabilità. Sono state fatte importanti battaglie per l’abbattimento delle barriere architettoniche (legge del 1992) in modo tale da permettere ai disabili di accedere in spazi, in aree un tempo preclusi. Servono altre battaglie, magari per abbattere le numerose barriere mentali che purtroppo dominano in molte persone.
Oggi si sono fatti molti passi in avanti nella cura della sindrome di Down, con l’istituzione di percorsi scolastici, attività di formazione professionale ed inserimento lavorativo. Molte forme di disabilità sono diventate una risorsa e non solo un peso. (milleuinadonna)
Foto sotto: ragazzi Down al lavoro al Ristoro (corrieredinovara.it)