“In questa vostra comunità vige una peculiare forma di società dove non c’è spazio per l’isolamento, ma la collaborazione tra diverse famiglie”, dice Francesco in visita alla comunità ispirata a don Zeno. E agli abitanti affida due bambini
Nomadelfia (Grosseto) – “La legge della fraternità, che caratterizza la vostra vita, è stato il sogno e l’obiettivo di tutta l’esistenza di don Zeno, che desiderava una comunità di vita ispirata al modello delineato negli Atti degli Apostoli“. Con queste parole Papa Francesco ha reso omaggio all’ideale di don Zeno Saltini, incarnato nella Maremma Toscana dalla Comunità di Nomadelfia, che ospita circa 300 persone che vivono in completa autossuffcienza e che applica la legge della fraternità come in una sorta di territorio indipendente. “Vi esorto a continuare questo stile di vita, confidando nella forza del Vangelo e dello Spirito Santo, mediante la vostra limpida testimonianza cristiana“.
“Di fronte alle sofferenze di bambini orfani o segnati dal disagio, don Zeno comprese che l’unico linguaggio che essi comprendevano era quello dell’amore. Pertanto, seppe individuare una peculiare forma di società dove non c’è spazio per l’isolamento o la solitudine, ma vige il principio della collaborazione tra diverse famiglie, dove i membri si riconoscono fratelli nella fede”. Così a Nomadelfia “si stabiliscono legami ben più solidi di quelli della parentela”.
Nomadelfia è stata fondata da don Zeno Saltini nel 1947 è una popolazione di volontari cattolici che ha messo a fondamento della sua vita la fraternità evangelica. “Il nostro desiderio è mostrare che è possibile vivere il Vangelo in forma sociale donandosi integralmente agli altri, realizzando così quei principi di giustizia e fraternità che si è scelto di seguire“.
“Pensiamo che questa fraternità sia la strada che il mondo dovrebbe imboccare, non tutti come facciamo noi ma anche in modi completamente diversi, però per vivere una vita migliore per l’uomo“, dice il presidente Francesco Matterazzo. “Ogni gruppo familiare è composto da 4-5 famiglie. Hanno in comune un’abitazione che è la casa dove si vive la vita del giorno, dove si mangia insieme, c’è una lavanderia comune, si fanno dei lavori insieme. E poi attorno a questa casa comune, ci sono le varie casettine che sono la zona notte di ogni singola famiglia. Il gruppo familiare per noi è una soluzione, perché le famiglie fraternizzate possono aiutarsi a vivere la loro missione familiare sia nel sostegno delle fasce più deboli della famiglia, i bambini piccoli e gli anziani. Quando manca qualcuno della famiglia c’è subito qualcun altro che è presente“. All’interno della comunità inoltre tutti lavorano insieme. “Ognuno di noi è disponibile a compiere quello di cui c’è bisogno perché siamo alla fine una grande famiglia, una famiglie di famiglie“, aggiunge.
Un modello che funziona e al quale tendono anche altre comunità nel mondo. “Abbiamo un invito che ci viene dalla Tanzania da un monastero benedettino che ha chiesto se questa esperienza può essere portata anche lì, in una delle zone più povere del Paese”.
Accolto a Nomadelfia da mons. Rodolfo Cetoloni, vescovo di Grosseto, da don Ferdinando Neri, successore di don Zeno, e da Francesco Matterazzo, presidente della Comunità, papa Francesco ha raggiunto in papamobile il cimitero, e all’ingresso, dopo aver ascoltato la registrazione di un brano del testamento di don Zeno, si è raccolto in preghiera sulla sua tomba e vi ha deposto una pietra con il proprio nome, che si aggiunge alle pietre lasciate dagli abitanti di Nomadelfia.
Uscendo, il Pontefice è passato davanti alle tombe dei primi membri della comunità. Quindi si è trasferito al Poggetto, dove ha incontrato il nucleo familiare, ha visitato la casa centrale e la cappellina all’interno della quale ha affidato a due famiglie due figli accolti con la formula in uso nella comunità. Tra le persone incontrate dal Papa, anche Zaira, 90 anni, da 70 “mamma di vocazione” per la comunità di don Zeno.