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Peppino Impastato: La sorprendente attualità del suo messaggio

 

DAMIANO MATTA
Peppino Impastato davanti Radio Aut
 
di Damiano Mattana

Sono passati 41 anni dalla morte di Peppino Impastato ma la sua figura non ha mai cessato di contenere in sé una sempre rinnovata attualità, capace di coinvolgere allo stesso modo vecchie e nuove generazioni. Dal Circolo Musica e cultura a Radio Aut, il suo contributo alla gente di Cinisi fu sempre incentrato sulla creazione di una cultura della legalità, che sottraesse alle interferenze mafiose soprattutto i più giovani, ai quali offrire attività culturali e informazione libera. E, nonostante il suo atroce omicidio, la sua storia rivive ogni giorno attraverso la Casa Memoria intitolata a lui e sua madre Felicia, la stessa dove visse prima di esserne cacciato già negli anni ’60 e distante quei famosi “cento passi” da quella del boss Gaetano Badalamenti. Un luogo “aperto a tutti”, come spiegato a In Terris da Adelio Airaghi, guida e fra i responsabili della Casa, perché così vollero sua madre e suo fratello: un posto per ricordare e ascoltare dalla loro voce la storia di Peppino, il modo migliore per portare con sé i suoi insegnamenti.

Quella di Corso Umberto è stata davvero la casa di Peppino Impastato ma, oggi, è soprattutto un luogo dove cultura e memoria si incontrano…
“Era la casa di Peppino, dove visse prima di esservi allontanto, ma La Casa Memoria è aperta a tutti, fin dal giorno dopo i suoi funerali. Questo perché la mamma Felicia volle che così fosse: lasciarla aperta a tutti quei ragazzi che avessero voluto ascoltare da lei la storia di suo figlio. E poi, tutto è continuato anche con Giovanni Impastato, il fratello, che ha fortemente voluto che questa casa fosse davvero di tutti. Oggi, come ogni giorno, sono arrivati tantissimi ragazzi, che poi parteciperanno al corteo che partirà da Radio Aut e che confluirà alla Casa Memoria”.

A questo proposito, quale approccio riservano i giovani visitatori alla storia di una figura come quella di Peppino?
“I ragazzi sono innanzitutto entusiasti di conoscere la storia di Peppino. Vengono perché aiutati nella sua conoscenza dai professori e, normalmente, anche dal film I cento passi, che ha aiutato molto a far conoscere la figura di Peppino. Domattina, ad esempio, ci sarà un nutrito gruppo di bambini delle elementari ed è giusto che fin da piccoli imparino a capire cosa vuol dire mafia e andare contro di essa, con lo strumento della cultura, della musica, del buon senso e dell’ironia. E’ quindi molto importante l’aiuto dei professori: i ragazzi che arrivano come classi sono in un certo senso “preparati”, con una conoscenza anche se basilare. E vedo che, ascoltando la sua storia, quasi sempre i ragazzi si fermano dopo la spiegazione per fare domande. Chiedono, si interessano. Ad esempio, alcuni alunni delle superiori, dopo aver ascoltato la spiegazione che in genere facciamo loro, hanno deciso di cambiare i loro programmi e restare qui per unirsi al corteo. Questa non è la vittoria della guida ma di Peppino e dei suoi insegnamenti: i ragazzi sono colpiti, in particolare dal suo coraggio. E mi auguro che anche loro abbiano la forza di portare avanti la loro vita proprio in questo modo. Noi adulti dobbiamo aiutarli in questo e Casa Memoria fa un lavoro importante in questo senso, anche attraverso i compagni di Peppino che, nonostante gli anni, continuano a impegnarsi in modo notevole. E’ anche grazie a loro che è possibile realizzare i tanti appuntamenti previsti durante la settimana in cui lo ricordiamo, con giovani e meno giovani”.

Peppino è stato ucciso nel 1978 ma il suo messaggio continua a far presa su tutte le generazioni, contribuendo a creare una cultura della legalità…
“Questo è il lato straordinario di Peppino: possiamo definirlo un grandissimo perché è attuale oggi, lo era ieri e sarà attuale anche in futuro. I grandi uomini sono così: Falcone, Borsellino, Chinnici… quello che hanno fatto resterà nella storia. Tutti coloro che si sono impegnati nella lotta alla mafia restano nella memoria di tutti noi. E gli incontri che si fanno, le visite a Casa Memoria servono a questo: alcuni ragazzi vengono con la scuola e, magari, ci tornano poi con la famiglia. Restano affascinati da questi racconti, quando ascoltano spariscono letteralmente i cellulari. A volte, addirittura, faccio fatica a farglieli tirare fuori quando visitano la casa per fare foto. Nessuno di loro, in quei momenti, pensa a chattare o a consultare internet. E questo per restare lì ad ascoltare. D’altronde loro davvero vengono per questo. Ad esempio, quando Giovanni Impastato porta i ragazzi nella casa di Badalameti, gli chiede di entrare con grande rispetto, lo stesso che portano entrando nella Casa Memoria, perché lì, dove fu decisa la morte di Peppino, ora c’è la casa della legalità. Un bellissimo messaggio. Già nelle prime manifestazioni dopo la sua morte si diceva che era proprio con le sue idee e il coraggio che si continuava a impegnarsi: questo è fantastico, perché i suoi compagni avevano capito che era attraverso quei valori che continuavano a tener vivo il suo percorso di vita”.

Parlare della mafia ai ragazzi non è mai semplice. Eppure Peppino Impastato utilizzò proprio la comunicazione come strumento di contrasto alla criminalità organizzata, a cominciare da Radio Aut. Possiamo dire che questo abbia contribuito a cambiare il modo di affrontare questo tema?
“E’ cambiato sempre grazie a Peppino, perché lui aveva capito che era necessario parlare della mafia. Questo perché voleva che si conoscesse il fenomeno, senza far finta che non esistesse. Il dottor Falcone, più avanti, avrebbe detto la stessa cosa: “E’ conoscendo il fenomeno che possiamo combatterlo”. Questo rende evidente quanto Peppino abbia anticipato i tempi, proprio attraverso la comunicazione, già nel 1976 con il Circolo Musica e Cultura, nel ‘77 con Radio Aut. Proprio questa è fondamentale, perché attraverso la radio posso entrare in tutte le case. All’interno del Circolo Musica e Cultura crea un circolo femminista, composto da ragazze alle quali era chiesto di uscire ed esprimere liberamente il proprio pensiero”.

Un modo per coinvolgere tutti…
“La forza di coinvolgere dando cultura, musica, cinema… riempiendo la vita dei giovani di cose importanti, non ultima il divertimento, dovuto anche alla sua innata simpatia. Ad esempio, durante le feste, lui faceva lo sputafuoco… Anche questa era la sua grandezza: far conoscere anche divertendo, con l’ironia e con assoluto rispetto. Tre giorni fa, il giornalista Paolo Borrometi ha citato una frase bellissima: ‘Ricordati che io sono nettamente contrario al tuo punto di vista, ma trascorrerò tutta la vita a far sì che tu lo possa esprimere liberamente’. Questo era anche Peppino”.

Ed è anche la sua eredità…
“Il bello di Peppino è che, attraverso la parola e l’impegno, ha portato alla conoscenza di giovani e meno giovani il suo pensiero. Lui, com’è noto, a fine maggio era candidato alle elezioni per la Democrazia proletaria ed è il primo caso di consigliere eletto in modo postumo: un modo per dire che aveva tantissime persone che gli volevano bene e solo uno dei tanti riconoscimenti del suo impegno arrivati dopo la sua morte, fra i quali l’assegnazione del tesserino di giornalista da parte dell’Ordine nazionale e la laurea postuma in Filosofia. Ed è bello pensare quante cose straordinarie sia riuscito ad avere in riconoscimento della sua attività dopo la sua morte. Attraverso la sua umiltà Peppino continua a insegnarci qualcosa e, molte volte, mi capita di pensare quanto avrebbe potuto continuare a farlo se fosse stato ancora in vita. Poco prima di morire, ad esempio, fece una sorta di flash mob con i suoi compagni, simulando una rappresentazione di cosa sarebbe potuto succedere in caso di un disastro nucleare, anticipando i rischi che si sarebbero concretizzati in eventi tragici come Chernobyl o Fukushima… Aveva capito quanti pericoli vi si nascondessero, dimostrando ancora una volta quanto il suo ingegno fosse in anticipo sui tempi”.

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