(Agf)
Gianni Alemanno
Il pm Luca Tescaroli, da qualche mese procuratore aggiunto a Firenze, nel processo stralcio di Mafia Capitale, aveva chiesto che Gianni Alemanno fosse condannato a 5 anni di reclusione (4 anni e mezzo per corruzione più altri 6 mesi per finanziamento illecito) perché è stato “l’uomo politico di riferimento dell’organizzazione Mafia Capitale in ragione del suo ruolo apicale di sindaco, nel periodo 29 aprile 2008 – 12 giugno 2013”. Non solo: successivamente, una volta diventato consigliere comunale di minoranza in seno al Pdl, è rimasto “il punto di riferimento” del ‘ras’ delle cooperative Salvatore Buzzi.
Alemanno, dunque, secondo il rappresentante della pubblica accusa, non è meritevole neppure della concessione delle attenuanti generiche se si considerano “le modalità delle sue condotte (che denotano una proclività a delinquere essendo caratterizzate dall’impiego da parte dell’imputato di fiduciari e della sua Fondazione Nuova Italia per mascherare le proprie responsabilità), la durata nel tempo dell’agire illecito, protrattosi per più anni (almeno dal 2012 al 2014), la spregiudicatezza criminale dimostrata, il precedente penale e l’essere tornato a delinquere pur avendo beneficiato dell’istituto premiale della riabilitazione”.
Confisca per oltre 220 mila euro
Ai giudici della seconda sezione penale del tribunale di Roma il pm ha anche chiesto di confiscare la somma di 223.500 euro, l’equivalente del prezzo della corruzione. Alemanno, ha evidenziato Tescaroli, “inserito al vertice del meccanismo corruttivo”, ha esercitato “i propri poteri e funzioni in modo illecito e ha curato la raccolta delle correlate indebite utilità, prevalentemente tramite terzi propri fiduciari per schermare la propria persona”.
Si tratta di soggetti che sono stati condannati (o anche solo indagati come l’ex ad di Eur spa Riccardo Mancini o Antonio Lucarelli, capo di gabinetto della segreteria dell’allora sindaco) per Mafia Capitale per “essersi interfacciati con gli esponenti dell’organizzazione, da Buzzi a Massimo Carminati”. Il riferimento va, ad esempio, a Franco Panzironi, già ad di Ama, all’ex consigliere di maggioranza del Pdl Luca Gramazio e al manager Fabrizio Franco Testa.
Come avrebbe agito
Alemanno, attraverso la vendita della “sua funzione di sindaco” e il compimento “di atti contrari ai doveri d’ufficio, anche con l’aiuto del fidato Panzironi, parimenti corrotto”, ha fatto si’ che “il sodalizio criminale Mafia Capitale riuscisse a ottenere il controllo del territorio istituzionale di Ama, società presieduta dal Comune di Roma, incaricata di pubblico servizio, ente aggiudicatore di appalti, target privilegiato dell’organizzazione.
Egli ha consentito di porre le strutture del suo ufficio, di Ama e di Eur spa a disposizione di Buzzi e di Carminati (attraverso, soprattutto, Panzironi e il fidato finanziatore della propria campagna elettorale Riccardo Mancini)”.
Di quanti soldi si parla
Quanto alle erogazioni ricevute sul conto corrente della Fondazione Nuova Italia e del suo mandatario elettorale Fabrizio Pescatori, il pm ha parlato di una somma complessiva di 223.500 euro, che Alemanno avrebbe ricevuto da società riconducibili ai corruttori Buzzi, Carminati, e a soggetti economici che agivano in accordo con il ‘ras’ delle cooperative tra il 2012 e il 2014. Di questi soldi, poco più di 60mila euro sarebbero finiti direttamente sul proprio conto in banca.
“Sussisteva la necessità di corrompere Alemanno – ha detto il pm Tescaroli – in quanto vero detentore dei poteri decisionali in seno all’amministrazione comunale, ad Ama e a Eur spa. Per il pubblico ministero, dagli atti processuali emerge che “il fatturato delle cooperative di Buzzi, dopo la nascita del rapporto con Carminati dell’associazione che si colloca nel 2011, nell’amministrazione Alemanno aumentò considerevolmente (26.537.000 euro nel 2010, 36.582.000 euro nel 2011 e 46.528.000 euro nel 2012), a parte il recupero dei loro crediti mentre gli affari piu’ redditizi furono quelli ottenuti proprio grazie agli interventi di Carminati”.
Come si è difeso Alemanno
L’ex sindaco si è difeso sostenendo di essere stato “vittima dei propri collaboratori e, in particolare, di un Panzironi accentratore che lo ha esautorato nella gestione della Fondazione Nuova Italia, nel periodo in cui è stato primo cittadino di Roma, mantenendolo all’oscuro di quanto avveniva.
Una mansione così complessa che non gli avrebbe consentito di rendersi conto di quanto avveniva alle sue spalle”. Ma, secondo i pm, anche dopo aver cessato la carica di sindaco, Alemanno ha continuato a essere a disposizione dell’organizzazione, restando il punto di riferimento di Buzzi, facendo in modo che questi ottenesse alcuni articoli di stampa che gli facevano gioco. In quel periodo, da consigliere comunale di minoranza, Alemanno avrebbe chiesto e ottenuto “l’erogazione di 10mila euro e il sostegno per la sua campagna elettorale, mediante soggetti legati a Buzzi”.
Per la procura di Roma quelle destinate ad Alemanno e Panzironi erano “illecite dazioni”: quei versamenti non avevano nulla a che vedere con “leciti contributi elettorali ma erano il prezzo della corruzione richiesto con insistenza in alcune occasioni espressamente da Panzironi a fronte del suo interessamento per una gara di appalto e per le altre vicende in relazione alle quali nello stesso periodo Alemanno si era attivato, prezzo corrisposto nei tempi e nelle modalità indicati dallo stesso suo braccio destro”.
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