Annamaria Franzoni è una donna libera. Diciassette anni dopo l’omicidio del figlio Samuele Lorenzi, tre anni, avvenuto a Cogne e per il quale condannata nel 2008 a 16 anni. La Franzoni ha espiato la pena, e lo ha fatto con mesi di anticipo rispetto alle previsioni, potendo usufruire di molti giorni di liberazione anticipata per la buona condotta. I 16 anni di pena sono stati ridotti a meno di 11 grazie a tre anni di indulto e ai giorni concessi di liberazione anticipata previsti dalla legge Gozzini.
Cos’è la legge Gozzini
Verso la metà degli anni ’80, si legge sul sito della Camera, “il Legislatore ha cercato di ridar vita ai principi ispiratori della riforma dell’ordinamento penitenziario con l’approvazione della legge n. 663 del 1986 (cd. legge Gozzini, dal suo promotore Mario Gozzini), che ha profondamente modificato vari aspetti del trattamento penitenziario, intervenendo sulle norme relative alla magistratura di sorveglianza, alla reclamabilità dei provvedimenti, alle misure di sicurezza, al regime di sorveglianza particolare ed ampliando, soprattutto, l’ambito applicativo delle misure alternative alla detenzione con l’introduzione di nuovi istituti”. In particolare, la legge ha l’intento di valorizzare l’aspetto rieducativo della carcerazione rispetto a quello punitivo, normalmente prevalente nel regime di detenzione in assenza di misure specifiche.
Come si ottiene la libertà anticipata
L’articolo 54 della legge descrive le condizioni per la libertà anticipata: “Al condannato a pena detentiva che ha dato prova di partecipazione all’opera di rieducazione è concessa, quale riconoscimento di tale partecipazione, e ai fini del suo più efficace reinserimento nella società, una detrazione di quarantacinque giorni per ogni singolo semestre di pena scontata. A tal fine è valutato anche il periodo trascorso in stato di custodia cautelare o di detenzione domiciliare”. In altre parole, la norma prevede che il condannato, in determinate circostanze, possa scontare la pena seguendo un calendario di 9 mesi invece che di 12, ovvero vedendosi scontati 45 giorni di pena ogni sei mesi di carcerazione. La normativa prevede di contare fra i sei mesi di carcerazione anche i momenti in cui il carcerato ha beneficiato di altre agevolazioni, quali ad esempio la detenzione domiciliare.
Perché Annamaria Franzoni era ai domiciliari
Dal giugno del 2014 Annamaria Franzoni era in detenzione domiciliare a Ripoli Santa Cristina, sull’Appennino bolognese. La donna ha goduto di quanto previsto all’articolo 47 quinquies dell’ordinamento penitenziario, che regola la possibilità di detenzione domiciliare per le madri di figli minori di 10 anni. Franzoni è mamma di Lorenzo, nato nel 1995 e di Gioele, nato nel 2003, un anno dopo la morte di Samuele.
Secondo la Legge Gozzini, la detenzione domiciliare è la massima misura restrittiva per le donne con figli al di sotto dei tre anni, salvo rari casi (principalmente plurirecidive o colpite da condanne oltre i 4 anni). In aggiunta a ciò il provvedimento intitolato “Misure alternative alla detenzione a tutela del rapporto tra detenute e figli minori” prevede che “le donne incinte e le madri con prole di età inferiore ai 10 anni possano usufruire della detenzione domiciliare dopo aver scontato un terzo della pena, oppure 15 anni nei casi di ergastolo”.
Per i primi sei anni alla Franzoni sono stati negati permessi premio e detenzione domiciliare a causa della gravità del reato commesso. Nel giugno 2014 il Tribunale di sorveglianza ha concesso i domiciliari a Franzoni, che dal 7 ottobre 2013 lavora in una cooperativa sociale legata al carcere Dozza di Bologna, dove cuce borse, astucci e altri accessori.
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