Presentati alla Camera i dati del Rapporto Ecomafia di Legambiente: nel 2017 aumentano gli ecoreati, ma migliora la risposta del sistema repressivo, grazie al lavoro delle forze dell’ordine e all’efficacia della nuova legge 68 del Codice Penale
Nel 2017 ci sono stati 30.692 illeciti ambientali in Italia, +18,6% per cento rispetto all’anno precedente. Una media di 84 al giorno (più o meno 3,5 ogni ora), a conferma di come la battaglia contro gli ecoreati resti “una delle priorità inderogabili del governo, del parlamento e di ogni istituzione pubblica, così come delle organizzazioni sociali, economiche e politiche”.
A sostenerlo è il presidente di Legambiente, Stefano Ciafani, intervenuto alla Camera dei Deputati in occasione della presentazione del Rapporto Ecomafia 2018 di Legambiente. Un dossier che testimonia come l’Italia abbia comunque fatto passi da gigante nella lotta contro i crimini ambientali, documentati da numeri inequivocabili: sono infatti 39.211 le persone denunciate nel 2017 (+36% rispetto al 2016) e 11.027 i sequestri effettuati (+51,5%). Spiega il documento: “Nel 2017 spiccano 538 ordinanze di custodia cautelare emesse per reati ambientali (+139,5% rispetto al 2016). Un risultato importante sul fronte repressivo, frutto sia di una più ampia applicazione della legge 68/2015 (la legge sugli Ecoreati, che ha prodotto 158 arresti per i delitti di inquinamento ambientale, disastro e omessa bonifica, con ben 614 procedimenti penali avviati, contro i 265 dell’anno precedente), sia per il vero e proprio balzo in avanti dell’attività delle forze dell’ordine contro i trafficanti di rifiuti: 76 inchieste per traffico organizzato (erano 32 nel 2016), 177 arresti, 992 trafficanti denunciati e 4,4 milioni di tonnellate di rifiuti sequestrati (otto volte di più rispetto alle 556 mila tonnellate del 2016)”.
Nei rifiuti quasi un quarto degli illeciti ambientali in Italia
Rifiuti e mafia sono due realtà che, purtroppo, vanno ancora e braccetto. E se la maggior parte delle infrazioni (il 44%) si è registrata nelle quattro regioni a tradizionale insediamento mafioso (Campania al primo posto, con il 14,6% del totale nazionale, seguita da Sicilia, Puglia, Calabria e Lazio), quello dei rifiuti resta il settore dove si concentra la maggior parte degli illeciti, circa il 24% del totale. Nell’ultimo anno e mezzo, “le tonnellate di rifiuti sequestrate dalle forze dell’ordine, nell’ambito di 54 inchieste (su un totale di 94) sono state più di 4,5 milioni, una quantità equivalente a una fila ininterrotta di 181.287 Tir per 2.500 chilometri. Tra le tipologie di rifiuti predilette dai trafficanti ci sono i fanghi industriali, le polveri di abbattimento fumi, i Raee (rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche), i materiali plastici, gli scarti metallici (ferrosi e non), carta e cartone. Più che allo smaltimento vero e proprio – si legge infine – è alle finte operazioni di trattamento e riciclo che in generale puntano i trafficanti, sia per ridurre i costi di gestione che per evadere il fisco”.
Ecomafie, fatturato di 14 miliardi nel 2017
Ai rifiuti, seguono i delitti contro gli animali e la fauna selvatica (22,8%), gli incendi boschivi (21,3%), il ciclo del cemento (12,7%). Tutti settori che rappresentano forti interessi economici e che hanno permesso alle ecomafie di registrare nel 2017 un fatturato di 14,1 miliardi, in crescita del 9,4% rispetto all’anno precedente. “Una crescita dovuta soprattutto alla lievitazione nel ciclo dei rifiuti, nelle filiere agroalimentari e nel racket animale”, spiega il Rapporto di Legambiente, che aggiunge come la corruzione resti il nemico numero uno dell’ambiente e dei cittadini. “L’alto valore economico dei progetti in ballo e l’ampio margine di discrezionalità in capo ai singoli amministratori e pubblici funzionari creano l’humus ideale per le pratiche corruttive – prosegue il documento – La natura profonda del crimine ambientale ha per principali protagonisti imprese e faccendieri, ma le mafie continuano a svolgere un ruolo cruciale, spesso di collante. I clan censiti da Legambiente finora e attivi nelle varie forme di crimine ambientale sono 331“.
Illeciti ambientali a tutto campo, dagli animali all’edilizia.
Nel 2017 più di 6mila persone sono state denunciate per reati contro la biodiversità, quasi 17 al giorno, e 7 mila sono state le infrazioni (19 al giorno +18% rispetto al 2016) commesse sulla pelle di lupi, aquile, pettirossi, tonni rossi, pesci spada e non solo. Allo stesso modo, sono aumentati i reati nel settore agroalimentare sono aumentati, toccando quota 37 mila: le persone denunciate, in questo caso, sono state 22 mila, 196 quelle arrestate, mentre 2.733 sono stati i sequestri, per un valore complessivo di oltre un miliardo di euro.
Non conosce tregua, infine, il fenomeno dell’abusivismo edilizio: nel 2017 sarebbero state costruite circa 17mile nuove case abusive. “Il lavoro delle forze dell’ordine nel 2017 – si legge nel Rapporto di Legambiente – ha portato alla luce 3.908 infrazioni sul fronte ‘ciclo illegale del cemento’, una media di 10,7 ogni ventiquattro ore, e alla denuncia di 4.977 persone. Un dato in leggera flessione rispetto all’anno precedente, ma che testimonia come – dopo anni di recessione significativa – l’edilizia, e quindi anche quella in nero, abbia ricominciato a lavorare. Il 46,2% dei reati – viene infine sottolineato – si concentra nelle quattro cosiddette regioni a tradizionale presenza mafiosa, ossia Campania, Sicilia, Puglia e Calabria”.