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Relazioni sociali in tempi di pandemia, il docente Marco Francesco Eramo: “Perse normali abitudini umane, quale il nostro destino?”

"Relazioni sociali che, ormai da più di un anno, mancano tra le normali abitudini umane"

di Marco Francesco Eramo

ROMA. “La pandemia da Covid19 ci sta dimostrando, in maniera alquanto drammatica, l’importanza delle relazioni sociali che, ormai da più di un anno, mancano tra le normali abitudini umane”. È la riflessione del docente di scienze umane e filosofo, Marco Francesco Eramo.

“Purtroppo, l’eco ricorrente in questa lunga e quasi interminabile emergenza sanitaria, è la necessitá del distanziamento sociale: stare lontano dagli altri non è più, come veniva considerato un tempo, motivo di asocialitá, ma una misura efficiente per la salvaguardia della nostra salute – ha detto Eramo -. Senza le relazioni ed i contatti stretti con le persone a noi care, infatti, il virus non puó essere trasmesso.

Marco Eramo

Dunque, più stiamo da soli, più abbiamo la probabilità di neutralizzare il virus. È questo, allora, il destino che ci aspetta? Un futuro privo di relazioni e di importanti contatti affettivi? A cosa giova una vita senza più un contatto diretto con i nostri simili? E l’empatia? Saremo degli humans cold destinati ad interagire soltanto con i computer. L’esperienza dei continui lockdown ha cambiato radicalmente la nostra esistenza: la vita dello stare in casa ha inevitabilmente portato ad un passaggio alla vita online, siglando una rottura inevitabile con le realtá sociali. Lo smartworking, la didattica a distanza e lo shopping online hanno preso il posto delle naturali e genuine relazioni umane.

Non è solo il covid a renderci l’esistenza piu complicata – continua il docente -, ma anche l’essenza di rapporti interpersonali, con mancanza di baci, carezze, abbracci. Al di là delle situazioni difficili che ci troviamo a fronteggiare a causa delle vigenti restrizioni, l’assenza del contatto fisico sembra la piu dura da affrontare. Che un abbraccio possa donarci un grande sollievo è una cosa ormai nota. Fin da quando veniamo al mondo sentiamo il bisogno di sentirci protetti, tranquilli. È per questo che ci leghiamo in maniera inconfondibile con chi ci da carezze. Senza contatti con altre persone aumentano stress ed ansia.

Continuamente psicologi e psichiatri lanciano allarmi sul rischio di pesanti malattie mentali dovute al perdurare dell’assenza di contatto fisico – sottolinea -. Ultimamente gli stessi medici che curano i malati di covid19 nelle terapie intensive hanno palesato l’importanza del rapporto interpersonale. I baci, gli abbracci, le carezze, le parole, gli sguardi dal vivo possono essere parte integrante della cura per il risanamento fisico. La presenza di un congiunto, sia esso marito o moglie, figlio, amico, è una condizione essenzialmente terapeutica, che riduce lo stress e quindi il carico farmacologico. Per questo motivo alcuni ospedali hanno allentato un po’ le misure restrittive per la visita ai malati, naturalmente sotto massima procedura di sicurezza. La vita di noi tutti è scandita dalla presenza dell’altro che ci aiuta a migliorare, a cambiare, ma soprattutto a vivere. Lo scrittore e monaco cristiano statunitense, Thomas Merton, nel suo saggio ‘Nessun uomo è un’isola’, ci insegna come ogni uomo è una componente integrante dell’umanità, una parte di un tutto che, per la propria sopravvivenza, ha bisogno degli altri con cui poter parlare, comunicare, interloquire e scambiare emozioni ed affettività.

Nella conferenza stampa di qualche giorno fa, il Presidente del Consiglio Mario Draghi, in concerto con il ministro della salute Roberto Speranza, ha illustrato il piano di riapertura delle attività commerciali, sociali e ricreative. Una decisione indubbiamente necessaria per la ripresa economica del nostro paese, ma il provvedimento eclatante resta comunque la riapertura delle scuole che dal 26 aprile prossimo vedranno di nuovo gli alunni impegnati nella didattica in presenza. Un modo più sicuro e garantito – conclude -, per una essenziale ripresa psico-sociale”.

 

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