Il giro del mondo di Luca Casarini non è ancora finito. A 51 anni l’ex big dei no-global italiani si trova a bordo della nave Mare Jonio della Mediterranea Saving Humans, ha i gradi di capo missione e lancia appelli per far sbarcare in porto i 49 migranti soccorsi il 18 marzo al largo di Lampedusa. Dietro di sé Casarini ha una lunga carriera che lui stesso definisce, nella biografia del suo blog sull’HuffPost, “un caleidoscopio”. Cioè un susseguirsi di immagini, di riflessi e composizioni, tanti sfaccettature di una stessa figura. Un mosaico di esperienze che l’hanno spesso portato al centro delle polemiche.
A guidare le Tute Bianche al G8 di Genova
Casarini nasce a Mestre, la propaggine di terraferma di Venezia, l’8 maggio del 1967. Cresce nel padovano, dove si diploma e si iscrive alla facoltà di Scienze Politiche senza però mai laurearsi, e dove nel 1999 si candida addirittura sindaco. Alle urne raccoglie meno dell’1,5% dei voti. La politica, quella fatta di voti, tornerà soltanto molti anni dopo: i ‘90 sono il decennio dei centri sociali, che Casarini comincia a frequentare tra Padova e Marghera (nel veneziano).
Poi arrivano le Tute Bianche, il movimento nato a Milano di cui lo stesso Casarini prenderà la leadership. I viaggi, intese come manifestazioni, in tutto il mondo: “Siamo stati – e io personalmente in particolare – a Seattle, a Praga, a Nizza, a Quebec City e ovunque questo movimento si sia espresso”, racconta a settembre 2001 alla Commissione conoscitiva di Montecitorio che cerca di ricostruire l’accaduto a Genova, al G8. Già, perché un mese e mezzo prima, nei giorni dell’estate del 2001 dove la Superba diventa il palcoscenico dei grandi del mondo e della violenza, Casarini è spesso in prima linea come portavoce del gruppo che diventerà poi quello dei Disobbedienti.
La scomparsa e la carriera da “imprenditore ribelle”
Dopo Genova, per qualche tempo, di Casarini si perdono le tracce. Ricompare nel 2009, intervistato da La Stampa: ha appena aperto a Padova una “una società di consulenza su marketing e comunicazioni” chiamata “Nexus 7” perché se “Nexus 6 era il replicante di Blade Runner che si ribella, io sono il numero 7, mi ribello ancora di più”.
Nell’inverno del 2013, i giorni dei Forconi, parla al Fatto Quotidiano: “Gente pericolosa – commenta lui che dodici anni prima prometteva di abbattere il Muro della Vergogna, la linea rossa invalicabile di Genova – Espressione di un blocco sociale di destra che con il detonatore della crisi e il ‘catering’ di tifoserie e neofascisti ha trovato il suo momento di visibilità”.
Quattro anni più tardi, e siamo nel 2017, lo troviamo sul Corriere della Sera: “Non mi ricordo quante denunce ho preso, so che adesso devo essere a casa dalle 22 alle 7 del mattino, e se mi sposto devo avvisare la questura: è il risultato di una sentenza per l’occupazione di una casa a Mestre”, le sue parole.
Nel frattempo però ha di nuovo cambiato vita: si è rituffato in politica, candidandosi senza successo alle Europee del 2014 nella lista L’altra Europa con Tsipras, e si è anche trasferito. Dal 2012 è infatti a Palermo, con due figli, una compagna e uno spazio di coworking da gestire. I progetti di salpare li raccontava a Repubblica un anno e mezzo fa, poco dopo essere diventato membro della Direzione nazionale di Sinistra Italiana, il partito di Nicola Fratoianni: “Chiederò di andare su una nave Ong per salvare i migranti”, raccontava. Missione compiuta, grazie anche a una raccolta fondi che ha consentito di rimettere in acqua un rimorchiatore vecchio quasi cinquant’anni: “Andiamo ad aiutare chi fugge dai campi di concentramento libici”, raccontava lasciando il porto di Palermo.
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