A che punto mostruoso siamo arrivati.
Un episodio a cui non si può porre rimedio – si legge nel comunicato condiviso da Christian e il suo legale – Una brutta pagina di storia della Sanità Umbra. Chissà ora se quella certezza di chi ha disposto il divieto di accesso, ora, troverà pace nella decisione della Regione che comunque non mi ridarà il parto di mia moglie né la nascita di mia figlia”.
Christian, insieme alla moglie, erano sicuri che l’ospedale tifernate concedesse il permesso «visto che le tabelle del ministero davano l’opportunità di entrare a chi avesse il green pass rafforzato o chi avesse un tampone negativo» e dato anche che il Ministero della Salute equipara il differimento all’esenzione. Invece no. A questo punto il giovane di rivolge a un legale, l’avvocato Chiara Attala di Città di Castello.
”E già pero’ l’autorizzazione è arrivata 14 ore dopo il parto, e lui resta da solo al freddo («per la patologia di cui soffro non potrei stressarmi neanche lontanamente…invece..») e con un cartello in mano: «Alisia benvenuta, che non si dica mai che tuo padre non c’era. Questo è il primo insegnamento che ti dono. Non arrenderti mai nemmeno ai ricatti. Papà aspetta te e mamma a casa.. ». Dopo qualche ora se ne va, con il groppo in gola e tanta amarezza.
Francamente, proprio per questo motivo abbiamo ritenuto di non raccogliere l’invito della Regione e del Primario del Reparto, onde evitare situazioni ‘ambigue e scomode’ che potrebbero minare la tranquillità delle neo mamme, compresa la moglie, ma anche per non aggravare la condizione del mio assistito – prosegue il legale – dal momento che questo brutto episodio e questa decisione del tutto arbitraria ha cagionato ripercussioni sul suo stato psico fisico. Ovvio che la professionalità degli operatori sanitari nell’espletamento delle loro funzioni in sala parto e nella cura delle partorienti non possa essere messa in discussione, motivo per cui Christian e sua moglie hanno scelto questo ospedale che comunque ringraziano per aver dato alla luce la loro bambina. Tuttavia, questa ‘approvazione’ postuma da parte della Regione lascia un profondo rammarico, perché conferma come Christian avesse tutte le carte in regola per accedere nel reparto. Il dispiacere in un uomo che, mentre cercava di spiegare le sue motivazioni largamente anticipate, si vedeva respinto e non ascoltato”.
”Io, mia moglie e mia figlia – si legge ancora – siamo stati dati in sacrificio in nome di una burocrazia lenta e intransigente, che cagiona scelte improprie e confuse come la sua organizzazione. E ci si dimentica dell’uomo dietro il cittadino, dei diritti dietro i doveri. Di certo, non lasceremo che questa situazione rimanga sospesa tra i se e i ma e cercheremo di dare seguito ad un procedimento legale già avviato, per far luce sulla situazione che ha condotto a quel divieto. Vedersi riconosciuti quei diritti non apporrà rimedio, ma di certo risposte nelle opportune sedi e cercare di sottolineare che quei diritti sono e dovevano rimanere inviolabili e indivisibili”….continua su